Venerdì 19 Aprile 2024

Fregoli e gli altri, mattatori italiani a New York

Duse, Strehler,“Rugantino“ e ora le otto candidature di Massini ai Tony Awards: così il nostro teatro ha conquistato gli Stati Uniti

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di Claudio

Cumani

La prima fu Adelaide Ristori a metà Ottocento. Incurante dei marosi, attraversò l’oceano su una nave a vapore per portare, grazie all’impresario Jacob Grau, le sue tragiche eroine al pubblico americano delle grandi città ma anche delle sconosciute località del profondo Sud. Che poi quei personaggi si chiamassero Maria Stuarda o Medea poco importava. L’ultimo è il drammaturgo Stefano Massini che l’altro giorno ai Tony Awards di New York, una sorta di Oscar del teatro americano, ha avuto ben otto candidature per il suo Lehman Trilogy, lo spettacolo che a Broadway sta spopolando da oltre tre mesi con la regia di Sam Mendes. Oltretutto l’opera, portata in scena in Italia da Luca Ronconi e che anche a Los Angeles sta riscuotendo grande successo, diventerà presto una serie tv per il mercato mondiale prodotta dalla Fandango di Domenico Procacci.

È lunga la serie la serie dei teatranti italiani che, nel corso del tempo, ha solcato il mare in cerca di nuove ribalte. In una pagina del New York Times della primavera del 1907 si annunciano ad esempio trenta spettacoli sparsi fra New York, Boston e Philadelphia di Ermete Novelli in arrivo dal Messico mentre altri documenti un paio di decenni dopo parlano di sei mesi ininterrotti di tournée negli States del celeberrimo trasformista Fregoli. Eleonora Duse non poteva, ovviamente, non seguire le orme della Ristori. Al punto da trovare la morte per polmonite proprio lì, nella cittadina statunitense di Pittsburgh, il 21 aprile 1924 al termine di una delle quattro tournée statunitensi consumate nell’arco di un decennio. In realtà la divina Eleonora aveva iniziato ad andare dall’altra parte del mondo già nel 1885 prima a Montevideo e poi in Brasile e infine in Argentina (molte delle compagnie di tradizione italiana avrebbero preso l’abitudine di svernare nell’America del Sud con risultati economici non sempre confortanti). E, a Buenos Aires, la Duse ci sarebbe tornata vent’anni dopo, ormai superata la rivalità con Sarah Bernardt, con un repertorio che mischiava La locandiera di Goldoni a Hedda Gabler di Ibsen.

A proposito di Sudamerica, val la pena di ricordare che nell’immediato dopoguerra a San Paolo del Brasile uno dei registi più acclamati era Adolfo Celi (celebre una sua versione di Antigone) ma che anche Luciano Salce riscuoteva grandi consensi dividendosi fra Pirandello e Dumas figlio.

Se c’è un marchio però che l’Italia ha esportato a New York quello è il Piccolo Teatro di Milano di Giorgio Strehler. Parliamo ovviamente di Arlecchino servitore di due padroni, lo spettacolo che ha girato tutto il mondo e che a Broadway arrivò già negli anni ‘60. Fu lunga la tournée di Ferruccio Soleri nel 2005 che, a parte New York, attraversò mezza America, da Colorado Spring a Los Angeles, da Minneapolis a Chicago. Trionfale accoglienza negli anni anche per il recital brechtiano di Milva e per La tempesta di Shakespeare di cui si ricorda una gloriosa edizione al Summerfare Festival di New York nel lontano ‘84 con Tino Carraro e Giulia Lazzarini.

Non solo teatro serio, ovviamente. Nel 1964 furono Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Bice Valori e Ornella Vanoni a piovere su Broadway con Rugantino, la celebre commedia musicale di Garinei e Giovannini musicata da Armando Trovajoli. Un successo che convinse mezzo secolo dopo Enrico Brignano, uno dei nuovi interpreti appunto di Rugantino, a riportare lo spettacolo al New York City Center. Negli ultimi anni poi anche la scena sperimentale italiana ha attraversato con grande frequenza l’oceano, dai Motus impegnati a La Mama della Grande Mela alle Albe di Marco Martinelli attente a misurarsi con gli universitari su Ubu roi.

E c’è anche chi ha detto no. Marcello Mastroianni ha rivelato in docu-film che Eduardo De Filippo aveva chiesto a lui e a Sophia Loren di interpretare Filumena Marturano a Broadway. Lui ci sarebbe stato ma lei si era rifiutata. Perché? "Forse perché – raccontava Marcello – Sofia, come molte attrici, temeva il teatro".

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