Giovedì 18 Aprile 2024

Festa della donna 2020, perché l'8 marzo si regala la mimosa

La storia di come in Italia la mimosa è diventata il fiore simbolo della Giornata internazionale dei diritti della donna

Mimosa, il fiore simbolo della Giornata internazionale dei diritti della donna

Mimosa, il fiore simbolo della Giornata internazionale dei diritti della donna

L'8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, è tradizione regalare una mimosa, pianta dai fiori gialli e profumati, il cui nome scientifico è Acacia dealbata. L'usanza è tipicamente italiana, in quanto in altri Paesi l'omaggio floreale per la festa della donna non è legato alle mimose, come accade appunto da noi. Ma perché in Italia si è scelto di celebrare l'8 marzo proprio con questo tipo di fiore? Per rispondere alla domanda occorre ripartire dal fatto che l'ONU ha istituzionalizzato la festa della donna solo nel 1977, rendendolo un appuntamento riconosciuto in tutto il mondo. In precedenza, in Italia la ricorrenza dell'8 marzo era ritenuta da alcuni una cosa "di sinistra", per via delle sue origini storiche: nel 1921, a Mosca, la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste aveva infatti proclamato l'8 marzo "Giornata internazionale dell'operaia". L'introduzione nello Stivale è invece opera dell'Unione donne italiane (Udi), associazione di donne provenienti dal PCI, PSI e Partito d'Azione, che l'8 marzo 1945 decise di celebrare nelle zone dell'Italia libera la prima giornata dedicata alla donna. Terminata la guerra, nel 1946 la festa fu estesa in modo 'ufficioso' nel resto del Paese, accompagnata per la prima volta dalla mimosa. A proporre questo fiore furono tre esponenti dell'Udi, Teresa Noce, Teresa Mattei Rita Montagnana, che vedevano nella mimosa una soluzione pratica (fiorisce a marzo) ed economica, poiché facilmente reperibile nei campi. Secondo i resoconti dell'epoca, alcuni politici, tra cui il vice segretario del PCI Luigi Longo, avrebbero preferito la violetta, che era un simbolo della sinistra europea. Tuttavia le donne dell'Udi misero il loro veto, perché si trattava di un fiore costoso e difficile da trovare. Tornando sull'argomento anni dopo, l'ex partigiana Teresa Mattei ricordò in un'intervista che la mimosa era "il fiore che i partigiani erano soliti regalare alle staffette: poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente".
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