
Veronica Pagano, 46 anni, sceglie ferie alternative in Benin per aiutare i più bisognosi. Esperienze di volontariato trasformano la sua vita, spingendola a dedicarsi al servizio degli altri con nuovi valori e prospettive.
Ferie alternative in Benin: sono quelle della milanese Veronica Pagano, 46 anni, che ha deciso di partire per l’Africa per trascorrere i giorni che la separano dal rientro al lavoro nella missione locale delle suore Clarisse Cappuccine, a Zinviè, nel villaggio di Wawatà. Lei e altri altri 44 volontari, preparati e coordinati dai frati Cappuccini del Centro Missionario di piazzale Cimitero Maggiore 5 a Milano, sono partiti col comune obiettivo di contribuire a portare sollievo nelle vite dei più bisognosi.
Veronica, che cosa la spinge ad affrontare un’esperienza che può riservare dei seri rischi per la sua stessa vita?
"Mi sono avvicinata al mondo della missione e del volontariato nel 2012, a 34 anni. Prima avevo pensato solo a divertirmi. La mia famiglia è molto credente, ho una zia suora di Maria Ausiliatrice e uno zio missionario cappuccino, che oggi è vescovo in Etiopia, ma i miei genitori hanno lasciato noi tre figli sempre liberi di fare le nostre scelte. Quell’anno volevo andare dallo zio in agosto, perché ricorreva l’anniversario dalla morte della nonna, cui ero stata molto legata. Mi sono unita a un gruppo di volontari dei Missionari Cappuccini e sono partita. È stata una bellissima esperienza: si trattava di un gruppo vocazionale quindi i partecipanti facevano anche un percorso di preghiera, ma io ero libera di seguirli o di dedicarmi solo alle attività di intrattenimento dei bambini".
Come l’ha cambiata quella esperienza?
"Fino a quel momento avevo pensato agli aperitivi con gli amici, ad andare in discoteca, a viaggiare. In famiglia c’è sempre stato tanto dialogo: si parlava di politica, di economia, di fede; io ascoltavo, ma rimanevo sempre un po’ distaccata da questi argomenti, preferivo indirizzare il mio tempo libero ad occasioni più frivole. In Camerun ho scoperto un mondo che non mi aspettavo. Mi sono ritrovai in un villaggio senza strade asfaltate, però poi lì, in mezzo al nulla, trovammo un’accoglienza meravigliosa! Andavo a tenere compagnia ai piccoli degenti dell’ospedale Cardiac Center di Shisong, dove operavano i pazienti cardiaci. Prima di allora avevo sempre rifiutato la sofferenza, specie dei più piccoli, ma scoprii che non c’era da aver paura della malattia. Venni catturata dalla gioia delle persone che vivevano nelle capanne e ti offrivano quel poco che avevano e pensavo: ‘Non hanno i nostri agi, ma sono veramente felici’".
Da allora la sua vita cambia radicalmente…
"Tornata in Italia ho iniziato a prendermi cura del prossimo, interessandomi ai migranti, ai poveri, alle persone sole e ammalate, insomma a chi stava fuori dal mio orticello. Facevo la contabile in uno studio di commercialisti e nel 2014 ho deciso di lasciare tutto. Per due anni ho lavorato qua e là per mantenermi: 4 mesi in un resort in Thailandia poi nel Sudest asiatico e in Australia. Ricordo incontri bellissimi con culture diverse dalla mia. Al ritorno non volevo più stare in Italia, fui invitata a un matrimonio in India e partii senza biglietto di ritorno. Ci rimasi 6 mesi. Mi impegnai come volontaria a Nuova Delhi alla casa salesiana Don Bosco Ashalayam, dove si soccorrevano i bimbi di strada, maltrattati, seviziati, vittime di tratta, con segni di terribili violenze sul corpo. Nel centro dei religiosi ritrovavano serenità e istruzione. In particolare mi legai a un bambino di nome Krishna: parlava solo Indi, io gli rispondevo in italiano o inglese, eppure un pomeriggio mi ha raccontato la storia di Don Bosco e ci siamo capiti perfettamente. La lingua del cuore è universale".
Cosa si sente di raccomandare alle persone?
"Siamo fortunati e non dobbiamo disprezzare quanto abbiamo, ma dare a ogni cosa il peso appropriato. Io ho iniziato a frequentare persone con certi valori, mettendomi al servizio degli altri: il venerdì sera, per 4 anni, l’ho dedicato ai senza fissa dimora, la domenica la dedico ai degenti della Sacra Famiglia di Cesano Boscone poi do una mano al Centro Missionario dei Cappuccini. Ho smesso di cercare risposte scappando dalla realtà e mi impegno invece a viverla in modo differente. Mi piace stare con gli amici, non sono una suora, ma vivo testimoniando quello che ho capito e che provo".
Caterina Ceccuti