"Eros e sangue, i cento dipinti scandalosi"

Da Giotto a Picasso, Flavio Caroli racconta le opere capaci di scatenare vere rivoluzioni: "Le affinità tra il Mantegna e il Che Guevara"

Jacques-Louis David, La morte di Marat (1793)

Jacques-Louis David, La morte di Marat (1793)

Pennelli affilati come lame, usati per tracciare segni indelebili innescando la miccia del cambiamento. "La spinta propulsiva di un’opera d’arte può arrivare a trasformare gli animi e perfino il corso della storia", assicura Flavio Caroli, ravennate classe 1945, critico e storico dell’arte dalla chioma candida, noto per le apparizioni in tv, oggi autore di una personale classifica.

Qual è l’oggetto della graduatoria, professor Caroli?

"I 100 dipinti che sconvolsero il mondo (24 Ore Cultura), una cavalcata lungo 8 secoli di storia, alla scoperta di affreschi, tavole e tele “eccezionali“ (dal punto di vista della forma, dello stile e dei contenuti), capaci di suscitare emozione e ammirazione nel pubblico, ma anche di diventare modello di riferimento nell’immaginario collettivo. Tanto da influenzare i gusti attuali".

Partendo da un dilemma che travalica l’estetica...

"La prima questione alla quale si è reso necessario rispondere è stata: cento quadri che hanno sconvolto il mondo, bene. Ma, quale mondo? Il mondo dell’arte o quello in generale, riferito alla società dell’epoca?".

Lei quale opzione ha scelto?

"Entrambe, inserendo nel libro sia le opere che hanno sconvolto la storia della pittura sia altre che hanno sconvolto la società al di là dello specifico artistico".

In che modo lo hanno fatto?

"Contribuendo alla formazione dei movimenti di idee che hanno determinato le rivoluzioni che investono periodicamente le civiltà, come quella occidentale, ad esempio".

Fra i protagonisti chi spicca?

"Giotto: è l’immagine stessa della borghesia nascente e scatenata. Poi altri grandi... la potenza della realtà scoperta nella Canestra di frutta di Caravaggio, la sensualità sprigionata dal colore nella Tempesta di Giorgione, la volumetria delle figure espressa dal Compianto sul Cristo morto di Giotto. Ma anche le rivoluzioni linguistiche delle avanguardie tra ’800 e ’900, fino al simbolo del consumismo americano, Andy Warhol".

Se lo sconvolgimento passa anche dai sensi, la prima opera che viene in mente è L’origine del mondo dipinta da Gustave Courbet nel 1866: perché fa ancora tanto scandalo?

"Si tratta di uno dei dipinti più dissacranti della storia dell’arte, provocatorio, erotico, sensuale. L’artista aveva realizzato quella natura femminile proposta in primissimo piano per un diplomatico mediorientale, grande viveur e collezionista d’arte, che la conservava gelosamente in una stanza, coperta da un tendaggio, riservandone la visione e rivelandola solo a selezionati ospiti. Un tracollo finanziario costrinse l’uomo a disfarsene e quella rigogliosa natura venne acquistata dallo psicanalista francese Jacques Lacan".

Dall’eros alla denuncia sociale: nell’elenco non poteva mancare Guernica.

"È il quadro più bello della modernità: ciò che lo rende potente è la ricchezza dei suoi significati. Dal punto di vista formale sono le sue dimensioni enormi che colpiscono. Dal lato contenutistico, ci sono alcuni elementi che spingono l’attenzione al centro, in una piramide che punta alla lampadina sospesa. È un dipinto pieno di simboli come il cavallo, il toro, l’uomo morto con la spada spezzata. È una tela dove si dice tutto, basti pensare che la storia racconta che a Parigi, quando i nazisti videro l’opera chiesero a Pablo Picasso: “L’ha fatto lei?“ e lui rispose, “No, l’avete fatto voi“".

La Top 100 continua: in Italia?

"Il Futurismo è una delle principali matrici della Prima guerra mondiale. Le campagne interventiste di Marinetti e compagni corrispondono alla pittura rivoluzionaria di Balla e Boccioni. Cambiando epoca e nazione, La morte di Marat di Jacques-Louis David (1793) rappresenta l’uccisione dell’astro nascente della rivoluzione: per decenni ha nutrito il dibattito più di qualsiasi parola e discorso politico".

Una curiosità: c’è chi rivede il Cristo morto del Mantegna in alcuni scatti del “Che” ucciso: è d’accordo?

"Sì, nel volto del Che Guevara senza vita, ma anche nel finale di Mamma Roma di Pasolini, in una scena ispirata a quel quadro. Questo era il mio intento: individuare il potere dello specifico artistico che si estende alla società e ai suoi valori, durando nel tempo. Fino a noi".

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