Ermal Meta e la storia della mamma salvata dalla gentilezza. Toccante monologo a Le Iene

Dopo la tragedia di Cutro, il cantante albanese ha raccontato la fuga della madre in tv. "Due atti di gentilezza salvarono quattro vite. Tra quelle c’era anche la mia"

Ermal Meta a 'Le Iene'

Ermal Meta a 'Le Iene'

Milano, 15 marzo 2023 - "Due atti di gentilezza salvarono quattro vite. Tra quelle vite c’era anche la mia. Siate gentili, potreste salvare qualcuno”. È il finale del lucido e commovente monologo di Ermal Meta, il cantante albanese, naturalizzato in Italia. Alcuni frammento della sua vita erano già emersi attraverso le canzoni che lo hanno reso famoso, ma ieri il 42enne ha deciso di portare in tv la storia della madre e dei suoi due fratelli. E lo ha fatto con un monologo davanti ai riflettori a 'Le Iene'. Una scelta di campo decisa dopo le vittime di Cutro, il paese calabrese dove nella notte tra il 25 e il 26 febbraio è avvenuto il tragico naufragio di un ‘barcone’ di migranti. Mentre il mare continua a restituire corpi senza vita – sono arrivati a 86 i morti ritrovati, ma il bilancio potrebbe non essere definitivo – Emal Meta, ospite de ‘Le Iene’ nella puntata del 14 marzo, ha affrontato un tema quanto mai scomodo e pungente. La storia di una donna coraggiosa che, nonostante un lavoro bellissimo – era primo violino dell'orchestra di Fier, in Albania – fu costretta a fuggire dalle violenze del marito. E arrivare in Italia con un passaporto falso, verso una quotidianità di incertezze e paure, per dare un'occasione ai suoi figli.

"Siate gentili, potreste salvare qualcuno”

Alla luce di Cutro, Ermal Meta ha deciso di andare oltre la musica. E di affidare la sua storia a un monologo. E così il viaggio della speranza di una madre, la sua, decisa a scappare da un marito violento per dare un futuro ai tre figli, è diventata una storia emblematica, simbolo di chi ce l’ha fatta grazie a una serie di ‘combinazioni fortunate’, fatte di gentilezze senza ragione che hanno cambiato il destino della sua famiglia. E che potrebbero cambiare la storia di tanti altri migranti. "Quella donna non si fidava di nessuno. Un giorno, per strada, uno sconosciuto la avvicina e le dice che ha sentito delle cose, cose orribili che stanno per succederle. Lei si spaventa, ma gli crede”. È l’inizio del monologo di Ermal Meta, parole che fanno pensare e che hanno come coprotagonista una donna in fuga: sua madre. Una vita difficile, tra violenze e difficoltà economiche, e poi la svolta: due uomini gentili che le hanno regalato “una porta verso il suo nuovo futuro: incerto, ma tutto da scrivere”. Due sconosciuti che la mamma di Ermal non rivedrà mai più, ma che oggi il cantante ricorda e ringrazia. “Due atti di gentilezza salvarono quattro vite. Tra quelle vite c’era anche la mia. Siate gentili, potreste salvare qualcuno”, ha concluso.

La storia di Ermal Meta

Nelle sue canzoni, Ermal ha raccontato la sua storia: l'arrivo in Italia insieme alla madre e al fratello e alla sorella, il rapporto con la mamma e le violenze subite dal padre che amava. Ma ieri, davanti alle telecamere de ‘Le Iene’ è andato oltre. Ha chiesto all’Italia intera di essere gentile con chi è fragile e in cerca di un’occasione per costruirsi un futuro diverso. Ermal Meta è nato a Fier, in Albania, il 20 aprile del 1981. All'età di 13 anni si è trasferito con la madre e i due fratelli a Bari, troncando ogni rapporto con il padre, da lui definito violento. Cresciuto ascoltando musica classica – come detto la madre è violinista professionista – ha cominciato a suonare a 16 anni pianoforte e chitarra e ha fatto parte di vari gruppi prima di entrare a fare parte degli Ameba 4, in qualità di chitarrista. Il gruppo ha partecipato al Festival di Sanremo. Poi la svolta di Ermal e il resto è storia.

Il monologo completo

"Quella donna non si fidava di nessuno. Un giorno, per strada, uno sconosciuto la avvicina e le dice che ha sentito delle cose, cose orribili che stanno per succederle. Lei si spaventa, ma gli crede. Del resto a una donna senza marito a quei tempi poteva accadere di tutto", ha iniziato a raccontare Ermal Meta. "Lo sconosciuto le consiglia di andare via, ma lei non sa come fare. Lui si offre di pagare di tasca sua un passaporto straniero, tedesco. Non vuole niente in cambio. Le chiede solo delle fototessere. Quando lei gli domanda perché la sta aiutando, lui le risponde che non lo fa solo per lei, ma anche per i suoi figli. Andare alla polizia è inutile e lo sa fin troppo bene". “Il giorno seguente la donna scatta delle foto e gliele porta. Lui va da un falsario e una settimana dopo il passaporto è pronto. Lo sconosciuto le augura buona fortuna. Non si vedranno più. La donna lascia i figli con sua madre e va a prendere il traghetto che spera possa condurla verso una vita sconosciuta, ma gentile, come quell’uomo. Passa i controlli della polizia albanese senza difficoltà e così, intorno alle 7 della mattina seguente, la nave su cui si trova entra nel porto di Brindisi. “Prima dello sbarco, ogni passaporto viene controllato meticolosamente. Un ufficiale afferra quello della donna e le lancia uno sguardo prima di sparire dietro ad una porta. Sembra aver già capito. Torna indietro dopo un po’ e la chiama in disparte” “Questo passaporto è falso, lo sa vero? Le dice a bassa voce. Si lo so, ammette lei. Non posso farla passare, devo rimandarla indietro. La donna piange, cercando di non farsi vedere dagli altri, poi dalla borsa tira fuori una fotografia e gliela mette davanti. Questi sono i miei tre figli, se torno indietro non si sarà un futuro per loro, gli dice. Lui indugia ancora, scrutandola, mentre la donna prega. Di colpo, lui apre il passaporto e lo timbra prima di ridarglielo. È libera di andare. Lei vorrebbe abbracciarlo, ma non può. Vada via e buona fortuna, le dice l’ufficiale indicandole la porta verso il suo nuovo futuro: incerto, ma tutto da scrivere. Non si vedranno più. Due atti di gentilezza salvarono quattro vite. Tra quelle vite c’era anche la mia. Siate gentili, potreste salvare qualcuno”.

 

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