Emozione e rabbia Così si ruba la libertà a una generazione

Giovanni

Morandi

Guardo le immagi delle proteste antigovernative che di recente hanno scosso le città. Nel tentativo di intuire l’anima di questa stagione e vedo solo smarrimento. Gli occhi incerti del ragazzino, che tiene un petardo in mano ma non ha voglia di farlo esplodere perché non si può. Colto da un’improvvisa lucidità gli ha fatto capire che la vita non è sempre un dopo partita di calcio. Gridare libertà è emozionante e a vent’anni si può anche credere ci sia un buon motivo per chiederla. Ma chi può restituirci quel che ci ha rubato il virus? Che ci segrega, ci divide, semina paura, crea dissidio, esaspera divisioni anagrafiche, spegne sorrisi, sconvolge progetti, reprime sentimenti. Questa è la libertà rubata, ma può forse restituircela la rabbia?

La vita, soprattutto questa, semmai ha a che fare con un’altra immagine che ferma il tempo nel momento in cui un ragazzo è a terra con le mani alzate, spaventato. E sopra di lui incombe minaccioso un poliziotto con il manganello e in quel momento il poliziotto non ha ancora deciso se dargli una manganellata o lasciarlo andare. Ecco semmai la vita è proprio come questa foto sospesa nel tempo. Non sai mai se ti arriva la manganellata sia quando la temi che quando non te l’aspetti. O quando non te la meriti. Come quella che è arrivata sulla testa di questa generazione, che chiede di poter avere la voglia di vivere e se ne vede privata da questo male. Altro che qualche fioriera rovesciata, questo è un male che vuol vincere. E non c’è da capire nulla, nemmeno quei ragazzi vanno capiti. Vanno trattati da uomini e visti per quello che sono e fanno. Diversi comunque dai loro nonni che sparavano e lanciavano molotov e che trovavano anche chi li giustificava.

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