Martedì 23 Aprile 2024

"È un Boris Godunov che parla al mondo"

Il sovrintendente della Scala Meyer alla vigilia della prima: "La mappa della Russia in scena evoca l’assurdità delle guerre di invasione"

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di Nicola

Palma

La scala parla al mondo e del mondo". A 24 ore dal sipario sulla Prima, il sovrintendente Dominique Meyer condensa in otto parole il senso di una serata che ogni anno porta il suo teatro sulla ribalta globale: "Andrà in scena un capolavoro, uno degli spettacoli di cui sono più orgoglioso". Seduto alla scrivania del suo ufficio al secondo piano di via Filodrammatici, il numero uno del Piermarini ricorda il periodo durissimo della pandemia, elenca i progetti realizzati e quelli già in cantiere e si dice felice a Milano: "È un onore lavorare qui – sorride il manager alsaziano, che sarà in carica fino al 2025 –.

Se mi fanno un altro contratto, io resto (fino al 2030, ndr)".

Sovrintendente, domani va in scena Boris Godunov. Una scelta che ha sollevato qualche polemica legata alla guerra in Ucraina e alla decisione di portare in scena un titolo russo.

"Detto che la scelta è stata fatta con il maestro Riccardo Chailly tre anni fa, come sempre accade quando si programmano le stagioni, e che a me non piace in generale cancellare l’arte in base alla nazionalità di chi la esprime, si tratta di un libretto che non fa certo l’apologia del potere, anzi ne evidenzia la degenerazione. E poi c’è molto altro: osservando, ad esempio, la scena in cui Boris mostra al figlio Fëdor una mappa gigantesca della Russia, penso a quel bambino davanti a quella cartina immensa, a tutti i popoli che abitano quei territori sconfinati e in generale all’assurdità delle guerre di conquista. Sono dell’idea che l’opera non debba essere soltanto divertimento, ma anche far riflettere e pensare lo spettatore. Metto questo Boris in una posizione molto alta nella classifica degli spettacoli fatti nel corso della mia carriera più che trentennale: orchestra appassionata, coro fantastico e cast strepitoso".

In Palco reale ci saranno il Capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Che segnale è per la Scala?

"Un segnale di grandissima attenzione nei confronti del nostro teatro. La Scala parla al mondo e del mondo. Prima di diventare sovrintendente, ero venuto più volte alla Prima: i miei predecessori mi hanno sempre invitato. Devo dire, però, che ho capito davvero cosa volesse dire esserne parte quando abbiamo allestito a tempo di record lo spettacolo A riveder le stelle, che ha sostituito la Prima di Sant’Ambrogio nel 2020, in piena pandemia".

Perché?

"Mi ha stupito la capacità di unire le forze per realizzare qualcosa che all’inizio sembrava impossibile. È stato un momento centrale per me, così come il Requiem in Duomo per le vittime del Covid e la riapertura al pubblico dopo tanti mesi di chiusura. Abbiamo superato diversi ostacoli in questi anni, ma ne siamo usciti tenendo i conti in regola. Oggi i numeri ci dicono che nel 2022 abbiamo avuto più spettatori del 2019. Sono tornati anche gli stranieri, che rappresentano il 30% del nostro pubblico. Siamo usciti dal teatro per andare a cercare nuovi appassionati nei quartieri: sono convinto che ognuno di noi abbia una corda nascosta, basta solo cercarla. E poi ci sono i giovani, che cerchiamo di accompagnare anche oltre i 30 anni con formule più leggere e abbonamenti ad hoc: ormai solo il 30% degli spettatori ha più di 55 anni".

A proposito di giovani, domenica la Primina riservata agli under 30 si è conclusa con dieci minuti di applausi.

"È stata una serata fantastica, con un teatro pieno di ragazzi entusiasti. Io stesso, dopo cinque minuti, mi sono dimenticato del mio ruolo e mi sono goduto lo spettacolo".

Progetti per il futuro?

"Tantissimi. A febbraio vogliamo partire con lo streaming, anche per comunicare con le scuole e mettere in pratica con strumenti moderni l’insegnamento di Paolo Grassi. Siamo da tempo al lavoro su efficientamento energetico e informatizzazione: abbiamo dimezzato l’uso della carta, avremo un sito tutto nuovo e bilingue. L’estate prossima sostituiremo le sedie".

Ora gli ostacoli da superare si chiamano bollette e tagli ai fondi pubblici.

"Il 2023 sarà un anno difficile: non ho la bacchetta magica, ma darò alla Scala tutto quello che ho imparato in carriera".

Si vede qui fino al 2030?

"Se mi fanno un altro contratto, resto volentieri. Sono felice in questo teatro: c’è l’abitudine di fare le cose bene e insieme, con rispetto e amicizia".

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