E Kennedy disse: "Santo cielo, sono ferito"

Nel suo nuovo libro Bruno Vespa ricostruisce le origini, la carriera e la vita privata di Jfk. Fino all’assassinio e alle tesi del complotto

E Kennedy  disse: "Santo cielo, sono ferito"

E Kennedy disse: "Santo cielo, sono ferito"

di Bruno

Vespa

Lee Harvey Oswald, già tiratore scelto dei marines, spinse a fondo contro la spalla destra i 46 centimetri del calcio del moschetto calibro 6,5 millimetri. Il fucile, ideato dall’operaio varesino Salvatore Carcano nel 1890, era stato fabbricato nel 1940 nelle Reali Acciaierie di Terni. L’arma era caricata con sei cartucce. Oswald decise di sparare tre colpi negli otto secondi previsti dal manuale d’istruzioni. La distanza tra la finestra del sesto piano del Deposito dei libri scolastici del Texas, dove Oswald s’era appostato, e il percorso del Presidente sulla Elm Street di Dallas variava dai 54 agli 81 metri. Il visore telescopico giapponese di cui era dotato il fucile a quella distanza non richiedeva aggiustamenti. Costo complessivo dell’arma, comprata per posta, 19.95 dollari.

Oswald non era nervoso, nonostante sette mesi prima, il 10 aprile 1963, avesse fallito un analogo attentato contro un generale a riposo, l’ultraconservatore razzista, Edwin Walker. Stessa città, stesso fucile, ma la pallottola s’era conficcata nel vano di una finestra.

La mattina del 22 novembre, Oswald si sentiva sicuro. Appena il visore ebbe inquadrato il primo piano di John Fitzgerald Kennedy, il tiratore scelto sparò il primo colpo. La pallottola, viaggiando alla velocità di seicento metri al secondo, colpì il Presidente da dietro, nella parte inferiore del collo, e uscì dal nodo della cravatta blu. La ferita era gravissima, ma non mortale. Proseguendo nel suo percorso la pallottola colpì alla schiena John Connally, governatore del Texas, che con la moglie Nellie occupava i sedili di fronte a John e Jacqueline Kennedy. Il governatore si piegò su se stesso, mentre Kennedy, immobilizzato dal busto ortopedico, restò seduto con la schiena dritta.

Una donna, racconta Don DeLillo nel suo celebre romanzo Libra, vide la limousine apparire da dietro il cartello della freeway con il Presidente che si portava le mani alla gola. Lo vide anche Oswald, che forse maledisse la fretta, un decimo di secondo di troppo, forse; resistette al forte rinculo del fucile e sparò il secondo colpo. Il primo aveva chetato per un istante il gran vociare della gente e il secondo fu fragoroso, facendo cadere pezzi d’intonaco nel deposito dove si trovava il tiratore.

Anche la donna “sentì un rumore secco, come il ritorno di fiamma di un motore, e si rese conto che era il secondo colpo che sentiva”. Stavolta Oswald mancò il Presidente e colpì il governatore: la pallottola attraversò prima un polso per poi fermarsi nella coscia sinistra (la tesi “complottista” che non ha mai accettato l’ipotesi consolidata di Oswald come unico assassino, sostiene che fosse in azione almeno un secondo tiratore. I “complottisti” parlano di una sola “pallottola magica” che – uscendo dalla gola di Kennedy – avrebbe attraversato il corpo di Connally dalla schiena al polso alla coscia: giro improbabile, ma confermato – come vedremo (...) – dalla commissione d’inchiesta Warren).

"Santo cielo, sono ferito" disse John Kennedy.

"Oh no, no, no. Mio Dio, hanno sparato a mio marito! Ti amo Jack...".

"Qui ci ammazzano tutti e due", gridò Connally. La moglie del governatore, Nellie, gli si buttò addosso per proteggerlo.

Prima che scattasse il nono secondo, Lee Oswald sparò il terzo colpo e scappò. L’agente Marrion Baker lo fermò sulle scale del secondo piano, ma lo lasciò andare quando seppe da Roy Truly, direttore del magazzino, che Lee era un impiegato del magazzino.

Se Kennedy si fosse piegato su se stesso dopo il primo colpo, come sarebbe stato naturale vista la violenza dell’impatto, si sarebbe salvato. Ma il busto lo tenne eretto e la terza pallottola lo centrò alla testa. Jacqueline, che teneva strette le mani del marito, fu inondata da quel che restava del suo cervello. Un macabro frullato di ossa, sangue e tessuti schizzò anche sul casco di Bobby W. Hargis, motociclista della scorta.

"Hanno ucciso mio marito", gridò Jackie, "ho il suo cervello tra le mani".

Erano le 12.31 di sabato 22 novembre 1963, festa di San Clemente Papa.

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