Giovedì 18 Aprile 2024

E il genio italico inventò gli occhiali da sole

Le prime lenti “affumicate“ moderne furono create nel 1917 dall’ottico torinese Giuseppe Ratti. Alle sue spalle una tradizione secolare

di Andrea

Cionci

In estate come in inverno, gli occhiali da sole sono utilissimi per proteggere gli occhi dalla luce, ma vengono indossati anche come accessorio fascinoso per uomini e donne. La loro storia, pochi sanno, è squisitamente italiana, sebbene oramai i marchi più noti siano americani. Fu infatti lo statunitense Sam Foster, negli anni ’30, a commercializzare su larga scala le lenti affumicate su montatura, battendo sul tempo il torinese Giuseppe Ratti che, nella sua ottica Betty, in via Caboto, lavorava sin dal 1917 a un modello di occhiale da sole adatto a sportivi ed aviatori.

Il primo modello ideato da Ratti – che nel 1938 fonderà la celebre azienda Persol – fu il Protector, "per soddisfare le esigenze di comfort, protezione e visione ottimale di aviatori e sportivi". Fu infatti adottato prima dal Corpo aeronautico militare italiano e poi dagli omologhi di tutto il mondo (tra cui, peraltro, l’aeronautica statunitense). Il modello era composto da due comode lenti ovali assicurate su una montatura in gomma con fasce elastiche. Gli occhiali di Ratti furono indossati anche da Gabriele d’Annunzio, che se ne fece fare un modello su misura per il celeberrimo volo su Vienna. A proposito di avventura, anche Reinhold Messner indosserà occhiali Persol durante le sue imprese di montagna.

Tuttavia, fin dal Seicento è sempre l’Italia protagonista nella produzione degli occhiali da sole; a Venezia, infatti, si utilizzava un particolare “occhiale da gondola”, le cui lenti verdi uscivano dalle fornaci di Murano. Vi erano monocoli ed occhiali che, a differenza delle montature odierne, venivano fissati alle tempie da una stanghetta che culminava in forma d’asola (erano chiamati, difatti, tempiali) probabilmente anche perché le parrucche in uso all’epoca impedivano di raggiungere facilmente l’orecchio senza compromettere l’acconciatura.

Gli occhiali utilizzati tra Sei e Settecento sono stati esposti nel 2014 presso la Biblioteca Marciana di Venezia per la mostra Occhiali da Doge: tra le cinquanta lenti esposte, provenienti da musei e collezioni private, ha figurato anche l’occhiale del Doge Alvise IV Giovanni Mocenigo (1701-1778).

È vero, comunque, che nel XVII secolo anche in altre parti d’Europa si utilizzavano degli occhiali dalle lenti colorate, tanto a Londra quanto nell’Europa settentrionale, dove il colore utilizzato, però, era prevalentemente il blu. Eppure, a ricondurre nella Penisola il primato è il duca Giovan Vincenzo Pinelli (1535-1601), che già un secolo prima degli “occhiali da gondola” utilizzava lenti affumicate di color verde. L’aneddoto è raccontato da Paolo Gualdo, il segretario del duca che ne scrisse la biografia: si evince dallo scritto che il Pinelli, dotto bibliofilo e valente botanico, a causa di un incidente d’infanzia avesse un occhio vulnerato e che, per non affaticarlo eccessivamente, avesse escogitato l’uso di queste lenti.

Effettivamente, Pinelli era un classico esponente di quegli umanisti del nostro Rinascimento così poliedrici e fantasiosi: conosceva molteplici lingue, possedeva una biblioteca impressionante (8500 volumi) e nella sua dimora padovana riceveva ospiti del livello di Galilei, Mercuriale, Bellarmino. È verosimile che un uomo dalla cultura tanto vasta avesse colto l’ispirazione dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, nella quale si dice che l’imperatore Nerone usasse uno smeraldo per guardare i giochi all’aperto senza affaticare troppo la vista.

Dalla Roma imperiale alla Torino di inizio Novecento: dopotutto, questo tipo di occhiale non poteva che nascere nel paese del sole e del genio creativo.

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