di Roberto Giardina Chiude il Paris Bar a Berlino, sarebbe come se chiudesse il Café de Flore o il Lipp a Parigi. Il ristorante, al 152 della Kantstrasse, è stato per oltre quarant’anni il punto d’incontro di artisti, scrittori, giornalisti e politici, prima e dopo il “muro”. Era sopravvissuto a un processo per evasione fiscale, e al fallimento, per risorgere grazie al patron e fondatore Michael Würthle, 78 anni. Ma oggi, dopo la diagnosi di un cancro alla gola incurabile, è costretto a abbandonare. Ma, dichiara, la sua non è una resa. La Berlino dei suoi tempi è cambiata. Il Paris Bar, nel bene e nel male, fa parte della storia di Berlino, forse sarà riaperto, ma sarà un’altra cosa. Nel ’79 Würthle rilevò il vecchio Paris Bar con un socio, e lo trasformò in un bistrot, dove offriva cucina francese, champagne, buoni vini, ostriche, l’unico posto dove si potesse pranzare e cenare bene nella metropoli divisa, insieme con l’italiano “Bacco”, del toscano Massimo Mannozzi, aperto nel mitico ’68. La Kantstrasse non è il Boulevard Saint Germain, e il quartiere di Charlottenburg non è il quartiere latino. Würthle volle porre all’ingresso la scritta “Passant sois moderne”, passante sii moderno, che suona nostalgica un po’provinciale nella Berlino di oggi. Il Paris Bar è vicino alla stazione dello Zoo, quella dei ragazzi drogati del romanzo di Christiane F., una zona dove non era piacevole andare a passeggio. In fondo alla strada sull’altro lato, nella Stuttgarterplatz negli anni Sessanta, si trovava la Kommune N. 1, quella dei giovani ribelli. La loro foto, nudi di spalle, e un bambino che si volta a guardare verso l’obiettivo, è una delle icone del XX Secolo, il simbolo di una rivolta. Alcuni di quei giovani finirono nella lotta armata della Baader-Neinhof. Una comune del libero amore, e l’ospite più bella, ...
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