
Michael Douglas: il divo americano, 80 anni, ieri al Taormina Film Festival
"È mia moglie! Mi sta chiamando, devo togliere la suoneria!". Un piccolo fuori programma per Michael Douglas sul palco della masterclass che l’ha visto protagonista ieri all’inaugurazione della 71ª edizione del Taormina Film Festival. Dall’altra parte della cornetta Catherine Zeta-Jones che avrà dovuto aspettare un po’ prima di potersi mettere in contatto con il marito.
L’attore, 80 anni, è arrivato in Sicilia per ricevere il Taormina Excellence Achievement Award e celebrare i 50 anni di Qualcuno volò sul nido del cuculo, cult diretto da Miloš Forman di cui fu produttore e che gli regalò un Oscar nel 1976. "Il primo film che abbia mai prodotto e anche quello che ha avuto più successo. Un progetto che mio padre Kirk provò a realizzare invano e che ho ereditato da lui. Mi ha cambiato la vita", ammette il divo. "Ci fu una promozione globale per il film. Ricordo una sera passata a Roma con Bertolucci, De Sica, Wertmüller e Antonioni. Io e Jack Nicholson venimmo accolti con tanto amore e senza invidia".
Generoso nel ricordare vari momenti che hanno contribuito a renderlo uno dei grandi di Hollywood, Douglas ha invece un’iniziale ritrosia nel parlare della situazione politica attuale degli Stati Uniti. Ma poco dopo si lascia andare. "Sono nato nel ‘44, un periodo storico oscuro. Oggi ci ritroviamo in un altro momento simile", sottolinea Douglas. "Gli Stati Uniti hanno una responsabilità nel caos che regna nel mondo e non sono felice nel vedere aumentare le spese militari. Mi scuso e mi vergogno ogni volta che parlo con i miei amici tra Messico, Canada ed Europa". "Inoltre il nostro Presidente ha detto che gli immigrati sono tutti assassini e stupratori", continua Michael: "L’immigrazione illegale è un problema, ma lui ci ha gettato sopra benzina".
Figlio di di una leggenda del cinema come Kirk Douglas – l’indimenticabile e coraggiosissimo Spartacus di Stanley Kubrick da lui interpretato prodotto, e scritto da quel Dalton Trumbo finito nella lista nera di Hollywood che ostracizzava gli artisti sospettati di simpatie comuniste – e della diva Diana Dill, l’attore ha impiegato tempo ad affrancarsi da quelle figure ingombranti. "Quando ho iniziato a recitare non volevo diventare attore, era più un fatto di rivalsa nei confronti dei miei genitori", spiega. "L’Oscar ha rappresentato un momento importante. Sono uscito dall’ombra di mio padre e mi sono riconosciuto per la prima volta come interprete". Una statuetta vinta nel 1988 per il ruolo dello squalo della finanza Gordon Gekko in Wall Street di Oliver Stone. "Gekko si vestiva bene, era un uomo di potere, come alcuni leader politici che consociamo. Un seduttore. Ma oggi sembra un topolino rispetto a quello che succede nel mondo se si pensa al flusso di soldi che gira", ricorda Douglas del suo personaggio. "Una figura oscura, ma che è arrivata a tutti. Cattivi così oggi si trovano nella Silicon Valley".
Quasi sessant’anni di carriera e innumerevoli film divenuti dei classici. Ma con un pensiero speciale per Dietro i candelabri di Steven Soderbergh, 2013, in cui interpreta il pianista Liberace. "Non ero sicuro di fare quel film, avevo un cancro al quarto stadio. Quando mi hanno offerto la parte ero molto emozionato. Non vedevo l’ora di iniziare perché pensavo che non avrei più lavorato".
E dopo essersi confrontato con l’universo Marvel e la CGI in Ant-Man and the Wasp, scoperto la commedia con Il metodo Kominsky e affrontato un racconto in costume in Franklin, l’attore ha mai pensato di passare dietro la macchina da presa? "No", ammette sorridendo. "Sono troppo pigro per dirigere un film".