Giovedì 18 Aprile 2024

Deinfluencing: cosa significa e perché sta spopolando su TikTok

Si sta diffondendo sempre di più la nuova tendenza degli influencer che consigliano cosa non comprare e cosa acquistare in alternativa. È la fine di un’era?

Deinfluencing: cosa significa e perché sta spopolando su TikTok

Deinfluencing: cosa significa e perché sta spopolando su TikTok

Su TikTok, di recente, è diventato virale il trend del deinfluencing. Il relativo hashtag ha ottenuto centinaia di milioni di visualizzazioni, a corredo di quei video di creator e utenti che elencano i prodotti (il più delle volte legati ai settori beauty e skincare, ma non solo), articoli che, secondo loro, non ha senso comprare. Tuttavia, va anche detto che, a dispetto dei numeri, per ora il deinfluencing è ancora un fenomeno relativamente marginale per quel che riguarda l’impatto sui consumatori. Il deinfluencing è nato in realtà nel 2015 e si chiamava “anti-haul”, ma è diventato una tendenza virale solo di recente. Attualmente non ha solo attirato consensi, ma ha anche sollevato critiche e polemiche. Certo è che è un trend curioso e (apparentemente?) innovativo. 

Che cos’è il deinfluencing

In che cosa consiste il deinfluencing? Per dimostrare la propria autorevolezza e credibilità, molti influencer, su TikTok e sugli altri social, stanno in pratica facendo l’opposto di quel che ci si aspetterebbe da loro. Non invitano, cioè, ad acquistare prodotti di questo o di quel brand, in linea con quanto hanno fatto finora anche i loro colleghi e competitor. Al contrario, consigliano cosa non comprare, magari suggerendo prodotti alternativi, a loro giudizio di qualità migliore, spesso homemade o più convenienti in termini economici.

Perché si fa deinfluencing?

È indubbio che il deinfluencing sia un comportamento atipico per i content creator, che di solito sono restii e diffidenti nel fornire recensioni negative sui prodotti per paura di inimicarsi potenziali partner commerciali e affrontare orde di haters e detrattori. Secondo alcuni commentatori ed esperti, il successo del deinfluencing potrebbe dipendere dalla crisi economica in corso, da contestualizzare all’interno di un periodo in cui tra inflazione, incertezza sul futuro e altri timori un influencer viene ascoltato di più se dice cosa non comprare, aiutando a risparmiare e investire meglio il proprio tempo e le proprie risorse, soprattutto se non sono abbondanti. È qualcosa che ha presa soprattutto sulla generazione Z e sui Millennials, come ha spiegato anche la rivista “Fortune”, dal momento che gli uni e gli altri rifiutano la cultura del consumo su TikTok e trovano nel deinfluencing un modo per proteggere i propri soldi.

Alyssa Stephanie tra le pioniere

Una delle prime a praticare il deinfluencing – che ha dichiarato pubblicamente di adorare – è la TikToker Alyssa Stephanie. Stephanie ha fatto milioni di visualizzazioni in un video in cui ha spiegato di voler impedire a chi lo sta vedendo di comprare determinati prodotti di ultra-tendenza, per esempio il Dyson Airwrap da 600 dollari o i solari trendy Supergoop. “Non ne valgono la pena”, ha commentato.

Il caso di Valerie Fride su TikTok

Uno dei principali esempi di deinfluencing spesso citati è quello di Valeria Fride, molto seguita su TikTok per tutorial sul trucco, video-guide ai regali per le feste e consigli sui suoi prodotti preferiti per varie occasioni. Nel suo video di maggior successo, però, Fride ha adottato l'approccio opposto e ha messo in evidenza gli articoli preferiti di TikTok, come lo shampoo e il balsamo di Olaplex e il blush Backstage Rosy Glow di Dior, che non l'hanno colpita. Il video, che è stato pubblicato a fine gennaio 2023, ha ottenuto 1,3 milioni di visualizzazioni, con commenti del tipo: "Questa è di gran lunga la cosa più istruttiva che ho visto online oggi".

Cosa insegna il deinfluencing

In genere, la percentuale di recensioni positive sui social media in genere supera quelle negative. “Più contenuti onesti e critici nei confronti dei marchi non sono necessariamente una cosa negativa”, ha affermato James Nord, fondatore della società di influencer marketing Fohr, su “Business of Fashion”. “Ma è una linea difficile da percorrere per gli influencer perché non vogliono offendere i loro partner”. Per i creators alle prese con la crescente concorrenza per affari commerciali e pubblicitari, in un mercato e clima tutt’altro che semplici a livello di economia mondiale, convincere i follower che sono credibili e sono degni della fiducia della loro community – sottolineano gli esperti – non è mai stato così importante. Da questo punto di vista, dunque, il deinfluencing più che respingere l'influencer marketing nel suo insieme finisce per porre l’accento su due componenti fondamentali per rimanere sulla cresta dell’onda sul lungo periodo: l'onestà e la franchezza.

Le critiche ai deinfluencer

Certo è che, anche in questo caso, come nell’influencer marketing più classico, quando si usano toni eccessivi non funziona. Gli utenti sono interessati ad avere opinioni critiche da parte dei loro beniamini, anche e soprattutto quando sono negative, ma i toni sprezzanti e i pretesti futili non piacciono alla maggior parte di loro. Se lo si guarda più da vicino, poi, il fenomeno del deinfluencing non sembra così controcorrente rispetto all’influencing tradizionale: il trend, infatti, in certi casi finisce per alimentare le dinamiche che i digital devono mettere in atto per agganciare e tenere saldi i loro followers.

Influencing vs deinfluencing

Sia nel classico marketing influencing sia nel deinfluencing, in soldoni si tratta pur sempre di convincere i followers, nel secondo caso non tanto per far sì che acquistino o meno un prodotto, quanto per indurli a pensare che colui o colei che seguono è il più o la più affidabile del settore. È per simili motivi, dunque, che molti guardano con sospetto alla pratica del deinfluencing, essendo ritenuta una sorta di cortocircuito del sistema poco trasparente, a dispetto di come si propone di primo acchito. Alla fine, sottolineano alcuni osservatori, vuoi vedere che deinfluencing e influencing sono un po’ le due facce della stessa medaglia? In entrambi i casi, si tratta di creatori online che guidano le decisioni di acquisto dei consumatori.

Come essere un influencer o un deinfluencer di successo

Il deinfluencing, dunque, può essere solo un inizio, un avviso di alcune crepe nel metodo classico di comunicare sui social da parte dei content creators, ma non non è certamente un segnale di avvertimento di una fine imminente dell'influencer marketing. Anzi. Alcuni commentatori fanno notare che gli influencer della prima ora potrebbero prendere spunto dal nuovo fenomeno in atto per apportare modifiche sottili al proprio approccio e al proprio business. Un aspetto che forse dovrebbe essere messo o riposizionato al centro è la coerenza delle raccomandazioni: ad esempio, parlare ripetutamente dello stesso prodotto nel tempo risulta più autentico rispetto a consigliarne uno diverso ogni settimana o ogni mese. Inoltre anche il linguaggio andrebbe rivisto. Alle persone non interessa più la storiella per cui “questo cambierà la tua vita” o “quello ti farà svoltare”, ma magari sono più interessate a capire in che modo e perché un prodotto, un servizio o un’esperienza hanno aiutato l’influencer che si sta seguendo e che valore aggiunto ha apportato.  

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