Martedì 23 Aprile 2024

De Gregori al Teatro della Garbatella di Roma. "Io senza armatura"

Francesco si racconta. Per un mese dal vivo, "al modo di Bruce a Broadway". Poi in tour con l'orchestra e in un documentario di RaiTre

Francesco De Gregori (Ansa)

Francesco De Gregori (Ansa)

Milano, 21 novembre 2018 - Uno spettacolo senza armatura. La sua decrescita felice Francesco De Gregori se la regala a fine inverno, a Roma, sul palco del Piccolo Teatro della Garbatella dove si rintana dal 28 febbraio al 27 marzo per raccontarsi a una platea di 230 anime. Contati i giorni di riposo, in tutto cinquemila persone o giù di lì, neanche un palasport. Tanto al pubblico delle grandi occasioni l’uomo del Titanic tornerà in estate con De Gregori & Orchesta Greatest Hits Live tour nei luoghi d’arte (Caracalla, Taormina, Verona, ma pure il Lucca Summer Festival il 30 giugno) affiancato da 40 professori, dallo Gnu Quartet e dalla sua band. "Ogni sera nel teatrino parrocchiale proverò con i musicisti due-tre canzoni mai fatte prima che poi eseguirò durante lo spettacolo andandole ad aggiungere alle 20-25 che invece manterrò fisse" anticipa. "In questa particolarissima dimensione cerco qualcosa di grezzo, pezzi ridotti all’osso capaci di recuperare la dimensione in cui sono stati scritti".

Una specie di Folkstudio.

"Pensandoci bene, la radice emotiva di questa mia “stravaganza” del piccolo teatro sta proprio nel desiderio di fare jam, di aggredire una canzone senza averla masticata troppo prima, com’era ai tempi del Folkstudio".

Me lei si sente ancora il De Gregori del ’71-’72?

"Drammaticamente sì. La voglia di mettermi in gioco, di non nascondere certe fragilità d’interprete o di esecutore è, tutto sommato, molto simile".

L’idea di cambiare spazi ricorda quella di Springsteen a Broadway.

"M’è venuta un anno e mezzo fa e avevo pensato di intitolare lo spettacolo Off Broadway, poi però è arrivato il Boss che ha intitolato il suo On Broadway e mantenere quel nome avrebbe potuto suonare come una critica. Così ho scelto Off the record proprio per sottolineare questa intimità. Springsteen fa un storytelling, io no. Io voglio una scaletta molto mobile, senza un filo narrativo preciso. Ho scelto un teatrino di Roma perché è la mia città e mi piace anche questa dimensione un po’ da travet: casa-ufficio-casa. Lo fa Bruce a New York e se lo ha fatto il Boss perché non devo farlo io?".

Ha detto che da questi concerti non nasceranno album dal vivo. Ma da quelli con orchestra, magari, sì.

"Più che un album dal vivo tout court, con l’orchestra vorrei realizzare un live in studio, rinunciando agli applausi".

Come le è venuta questa tentazione orchestrale?

"Quando mi è arrivato l’invito a Risorgimarche, la rassegna organizzata da Neri Marcorè per la rinascita delle comunità colpite dal sisma, ho accetta a patto di fare qualcosa di diverso dal solito. E siccome le Marche sono un bel bacino di musicisti classici, abbiamo pensato di coinvolgerne alcuni. È stato Neri a mettermi in contatto con lo Gnu Quartet e l’esperienza m’è piaciuta. Da qui la scelta di svilupparla".

Quali sono i suoi pezzi che possono prestarsi a una rivisitazione con archi più sperimentale e quali meno?

"I pezzi lenti, larghi, sinfonici di per sé come La donna cannone, La valigia dell’attore, Sempre per sempre. Ma con lo Gnu, a Risorgimarche, hanno funzionato molto bene pure cose ritmiche come Vai in Africa Celestino o Cose".

Il primo dicembre, alle 21.30, arriva su Raitre “Vero dal vivo”, il film girato su di lei da Daniele Barraco presentato all’ultima Mostra del Cinema di Roma.

"Non è un film musicale, ma tutto un captare situazioni che avvengono a margine del concerto, in strada, in albergo. Un mondo non visto. L’ho voluto intitolare Vero dal vivo perché tutto questo produce una specie di verità, senza diaframmi. Senza armatura".

Nel 2012 era stata la volta di “Finestre rotte”.

"Già ma quello di Stefano Pistolini non era un film di dettagli, di indizi come questo, ma un’opera che approfondiva la mia figura e il mio lavoro. E che siano passati 6 anni si sente e si vede perché davanti alla macchina da presa ora c’è un uomo diverso, che si mostra in modo diverso".

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