Martedì 23 Aprile 2024

David e gli altri, il successo sotto la maschera

Muore a 85 anni Prowse. Interpretò il cattivo Darth Vader nella prima trilogia di Star Wars: ma nessuno ha mai visto il suo viso

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di Giovanni Bogani

È scomparso ieri David Prowse, gigante di 85 anni e di due metri, ex campione di sollevamento pesi, nominato membro dell’ordine dell’Impero britannico dalla regina Elisabetta. Il nome magari non vi dice molto, e avete ragione. Ma basta dire Dart Fener, ovvero Darth Vader, nella trilogia originale di Guerre stellari, e tutto cambia. Era lui l’uomo dietro la maschera di Dart. C’è un video, su Youtube, della sua vestizione: il truccatore, George Lucas, il costumista intorno a lui, che pazientemente si fa mettere addosso la maschera, l’elmo e si trasforma in uno dei più grandi cattivi della storia del cinema. Tutto grazie a quella maschera.

Una vita ruvida, la sua. Nato a Bristol nel luglio 1935; famiglia proletaria, il padre mai conosciuto. Fame, tanta. E allora, se sei alto un metro e novantanove, vai a fare anche il sollevamento pesi. E diventi il campione britannico per tre anni di fila, dal 1962 al 1964. Poi finisci a fare piccole parti nei film, anche uno di Tinto Brass, e anche Arancia meccanica di Stanley Kubrick. Sono gli anni ’70, il gigante di Bristol continua a fare body building, diventa amico di Arnold Schwarzenegger. E finisce che, sperando di portare a casa due soldi, vai ai provini per Guerre stellari, e George Lucas ti sceglie. Ma ti condannerà a non essere mai visibile. Nella vicenda del film, la maschera serve a Darth Vader perché è stato gettato tra le fiamme da Obi Wan, e deve nascondere le sue deformità.

Nella realtà, David Prowse non ebbe la soddisfazione di essere "visibile", mai. Neppure la sua voce andava bene: il suo accento era troppo volgare, da provincia britannica, ruvido. Fu doppiato dall’attore James Earl Jones. E nelle uniche due scene in cui viene mostrato il viso di Anakin Skywalker alias Darth Vader, persino il suo volto venne “doppiato“, da quello dell’attore Sebastian Shaw. A lui rimase solo la maschera.

Destino comune, del resto, ad altri attori: nascosti, celati sotto le maschere dei loro personaggi. Le maschere vengono da una storia lunga, dell’uomo e dello spettacolo.

Ci sono artisti che, praticamente, non abbiamo mai visto in faccia. Hugo Weaving, protagonista di V per vendetta: il suo viso non si vede per tutta la durata del film. Ma anche Jackie Earle Hales con la maschera di lattice che contiene un liquido nero in Watchmen. O Richard Brooker con la maschera da portiere di hockey su ghiaccio, che compare dal terzo film della saga Venerdì 13; o Tim Curry che diventa il clown più spaventoso di sempre, ovvero Pennywise, in It. E chi riconosce Andy Serkins, alias Gollum, nella trilogia del Signore degli anelli? Non è una maschera vera e propria, la sua, ma un personaggio creato in computer grafica ma modellato sui movimenti reali di un attore. La maschera del futuro.

Maschere. Zorro, Pulcinella, Arlecchino, il carnevale, la Commedia dell’arte, gli amanti di Magritte. La maschera che portavano gli attori nel teatro antico. Serviva a far risuonare meglio la voce. Ma serviva anche a indicare che quello, proprio lui, era l’attore: "Ha la maschera, sta recitando". La maschera teatrale, che in latino si chiamava "persona". Come il titolo di uno dei film più belli di Bergman, con Liv Ullman attrice di teatro, che si maschera dietro un silenzio assoluto. Non parla per tutto il film, e quel silenzio riesce a turbare, a intrigare, persino a ingannare. Persona è il nome di quel film.

Maschere dovunque. Le maschere geniali dei protagonisti di Point Break di Kathrin Bigelow, che rapinano le banche indossando le maschere di quattro presidenti americani: Johnson, Nixon, Carter e Reagan. Gioco imitato da Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini e una gamba, con loro che tentano una maldestra rapina con le maschere di quattro presidenti italiani, da Scalfaro a Cossiga.

C’è un film che porta la maschera nel titolo, The Mask, dove Jim Carrey è il timido impiegato che, con la maschera, perde le sue inibizioni. Ne La maschera di ferro, nella Francia del Seicento Leonardo DiCaprio è il fratello gemello del sovrano, ed è costretto a celare il proprio volto. Maschere buone, maschere cattive. Quella che imprigiona il viso di Hannibal the Cannibal, sottolineandone la mostruosa pericolosità. La maschera di Belfagor, dal film di Desfontaines del 1927 alla serie tv anni ’60. La Ghostface di Scream, ispirata all’Urlo di Edvard Munch. Quella di Tom Cruise in una cerimonia esoterica e densa di minaccia, nella scena più inquietante di Eyes Wide Shut di Kubrick.

Il cinema è un enorme ballo in maschera, e David Prowse ne è stato in qualche modo il simbolo.

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