Mercoledì 24 Aprile 2024

Dalla serie tv al fumetto: Daredevil parla italiano

Mentre la serie tv Netflix dedicata al supereroe cieco spopola, a gennaio negli Stati Uniti esce il nuovo albo di Daredevil disegnato da Stefano Landini, artista modenese che lavora per Marvel e Dc

Il Daredevil di Netflix

Il Daredevil di Netflix

Modena, 1 gennaio 2019 Il suo Kinping assomiglia, e molto, a Vincent D'Onofrio, che interpreta la nemesi di Daredevil nella serie Netflix. “Inizialmente l’avevo disegnato fin troppo simile nella stazza all'attore, non volevo farlo troppo grosso. Ma poi con gli editor ci siamo resi conto che dovevamo ingigantirgli il corpo, pur mantenendone le fattezze nel volto. Del resto, il Wilson Fisk/Kingpin dei fumetti ha sempre avuto una corporatura impressionante”. Stefano Landini, nato a Sassuolo nel 1977, grafico e disegnatore, è una della matite italiane più apprezzate oltreoceano. Lavora da anni per i colossi Dc e Marvel, oltre che per la Bonelli e per i francesi di Glénat. A gennaio, negli Stati Uniti, uscirà il suo nuovo albo di Daredevil (il numero due della nuova serie), vigilante cieco della Marvel di cui Netflix ha prodotto da poco la terza (e ultima) serie tv, acclamata da pubblico e critica. Tra qualche mese, sarà disponibile anche in Italia, pubblicato da Panini Comics.

Il disegnatore modenese Stefano Landini
Il disegnatore modenese Stefano Landini

Landini, quanto ha inciso la concomitanza con la fiction di Netflix sul tuo lavoro nel fumetto?

“Il legame c'è, già nei primi numeri di Daredevil a cui ho lavorato, un anno fa circa, mi chiesero di strizzare l'occhio agli attori della fiction, la Marvel ci puntava”.

Com'è stata la tua esperienza con questo personaggio?

“Daredevil resta uno dei miei supereroi preferiti, perché fa parte di quel mondo cupo e urbano che si adatta molto al mio stile. Dopo, ho disegnato tre numeri del Punisher (altro vigilante di cui a inizio 2019 uscirà la seconda serie Netflix, ndr) e il primo albo di Typhoid Fever, dove riprendo un altro personaggio-chiave del mondo di Daredevil, Typhoid Mary, insieme a Spider-Man”.

Com'è stato il tuo impatto con la Marvel?

“Da un lato c'è la gioia di lavorare per la Marvel, dall'altro non manca la pressione. Il primo Daredevil l'ho ridisegnato 7-8 volte: come autore ero soddisfatto, ma con gli occhi dell'appassionato non mi accontentavo mai. A livello professionale, gli americani sono meticolosi: pretendono molto e danno molto. Una delle prime cose che devi garantire è la puntualità della consegna: ho imparato a gestire le tempistiche con trucchi del mestiere che accelerano il lavoro, senza perdere in qualità”.

Com’è lavorare con colossi che mescolano fumetti, serie tv, videogiochi e produzioni cinematografiche?

“Oggi non hai più a che fare con una casa editrice e basta, ma con una struttura più complessa. Un anno e mezzo fa ho firmato con Disney America, collaborando come illustratore sui film di Star Wars e Avengers. Un lavoro completamente diverso che mi è stato proposto perché lavoravo in Marvel”

Che differenze con la nostrana Bonelli, per la quale stai realizzando una storia di Dylan Dog?

“Beh, in Marvel e Dc sei un 'ingranaggio' in una macchina complessa; in Bonelli ti senti in famiglia, anche perché i rapporti sono spesso di persona, non solo via mail o telefonicamente. Poi ci sono i tempi: per gli americani devi produrre quasi una pagina al giorno; per un albo Bonelli vai sulle 12 tavole al mese. Diciamo che, nel primo caso, si dorme di meno”.

Oggi gli autori di fumetti sono più star di un tempo. I collezionisti ti chiedono disegni su commissione anche dall'America?

“Sì, quando sanno che lavori su un tal personaggio ti contattano via mail. L'attenzione agli autori, del resto, è cambiata anche in Italia grazie a iniziative come il Nerdshow di Bologna (che andrà in scena il 9-10 febbraio, ndr) che pongono l'accento sull'incontro con chi lavora 'dietro' l'industria fumettistica. Al Nerdshow, in particolare, sono stato tra i primi a metterci la faccia, perché credo che questa sia la direzione giusta”.

 

 

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