di Stefano Marchetti La vita è bella, e anche l’opera lirica. Quella di Nicola Piovani, compositore da Oscar, è una carriera costellata di successi e collaborazioni illustri, soprattutto nel cinema, da Fellini a Benigni, da Monicelli a Moretti. Eppure, anche per lui, i debutti non finiscono mai: e così in queste sere, al teatro Verdi di Trieste, Piovani dirige la sua prima creazione operistica, Amorosa presenza, un’idea accarezzata da 45 anni, ovvero da quando Vincenzo Cerami diede alla luce l’omonimo romanzo: "Bussammo invano alla porta di qualche teatro italiano, forse con troppa timidezza, e il progetto rimase interrotto – racconta il compositore –. Finché, nei mesi scorsi, il teatro Verdi mi ha proposto di riprenderlo. Mi ci sono buttato a capofitto, insieme ad Aisha Cerami. Vincenzo era un poeta autentico, un grandissimo amico: sono felice che Amorosa presenza rappresenti fortemente la sua poetica". L’opera racconta dell’amore impacciato fra due giovani, Orazio (interpretato da Giuseppe Tommaso) e Serena (Maria Rita Combattelli), che non hanno il coraggio di dichiararsi: perciò lui si traveste da donna per decantare se stesso all’amata, e lei fa altrettanto, indossando vesti maschili per parlare di sé al ragazzo dei suoi desideri. Davanti a un albero che scandisce le stagioni (nell’allestimento con la brillante regia di Chiara Muti) l’amore trionferà, con una sorpresa. Maestro Piovani, cosa le fece pensare che quel soggetto potesse essere adatto a un’opera? "La perfetta macchina teatrale del racconto. È un ingranaggio scenico del repertorio classico, calato in un tema molto attuale: la crisi della presenza, l’identità nascosta, l’anonimato che ci rende più audaci. Nel corteggiamento, spesso ognuno tende a interpretare un personaggio che possa essere gradito al corteggiato. Qui il travestimento di se stessi prende forme da teatro di favola, come un fumetto". Ha definito Amorosa presenza un’opera "semiseria". Perché? "Perché i sentimenti che racconta ...
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