Dai Baustelle a Battiato, i centri di gravità di Bianconi

Con “Forever” nuova linfa alla canzone d’autore italiana. "In viaggio verso l’ignoto con il mio folk universale, contro la dittatura tv"

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di Andrea Spinelli

Un altrove. Anzi, un disco ostinatamente "fuori dal tempo, universale, non legato alle geografie", per dirla con le sue parole. Per Francesco Bianconi il primo album solista doveva essere qualcosa di completamente deragliato rispetto al binario "di cristallo" seguito con i Baustelle. Qualcosa che, mettendolo a disagio, ridefinisse il suo sguardo sul mondo. Cosa che a Forever, in uscita domani. Tra Schopenhauer e il Leviatano, tra i Pixies e Giovanna D’Arco, Bianconi si addentra in quell’eccitante zona franca della canzone d’autore contemporanea lasciata vuota dal forzato silenzio di Battiato col nobile minimalismo del Balanescu Quartet e le voci di ospiti come Rufus Wainwright, Eleanor Friedberger, Kazu Makino e Hindi Zahra. Prodotto da Amedeo Pace dei Blonde Redhead nei Real World Studios di Peter Gabriel a Bath.

Oltre che nella ricerca sonora, la sua passione per Battiato sembra affiorare anche nei testi...

"Non ho mai negato l’influenza di Battiato. Per quasi tutti gli anni ’80 ho vissuto la sua musica in maniera compulsiva, quasi come se non esistesse altro".

Forever e il pianoforte.

"Dopo aver dato alle stampe coi Baustelle due dischi gemelli molto arrangiati, sentivo il bisogno di una dimensione più minimale. Così, come strumento guida ho pensato al piano perché non lo so suonare e volevo sfidarmi invitando dei musicisti di estrazione classica, e quindi poco inclini all’improvvisazione, a scrivere delle canzoni con me. Insomma, rispetto al mio processo creativo abituale, volevo perdere il controllo e andare verso l’ignoto".

Lo definisce un disco di "folk universale". Perché?

"Perché la musica è un messaggio universale. Stiamo tutti a fare l’esegesi dei testi del maestro De André dimenticandoci che il suo disco più famoso al mondo è Crêuza de mä cantato tutto in genovese. In un momento storico di divisioni mi piace il multilinguismo di un progetto come questo".

In Certi uomini parla di "discografici morti" elencando le principali multinazionali.

"Quell’allusione è più ai cantanti, capaci di uccidere per apparire in tv, che alla discografia. E tra i cantanti, ovviamente, mi ci metto pure io. I discografici muoiono ogni volta che rimangono chiusi in una logica tv".

Se non per andare in tv, lei per che cosa è capace di uccidere?

"Per fare questo mestiere. Il Narciso che è dentro chi sale su un palco, non lo puoi limitare. Agli inizi soffrivo, vomitavo, avevo gli attacchi di panico, eppure andavo in scena lo stesso".

Potendo avere un ospite in più chi avrebbe chiamato?

"Battiato… anche solo per un verso".

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