Durante i lockdown e i periodi di restrizioni dei due anni scorsi, le scuole hanno chiuso l'accesso alle aule ripiegando sulla didattica a distanza. Sommata all'isolamento forzato, ha provocato effetti negativi sul benessere fisco e mentale e sul rendimento degli studenti. Ma la DAD avrebbe almeno un aspetto positivo , sostiene una ricerca dell'Università di Zurigo: senza l'obbligo di alzarsi presto per raggiungere le aule i ragazzi hanno guadagnato un salutare extra di sonno quotidiano.
I ricercatori hanno condotto un sondaggio online su 3664 liceali del Canton Zurigo nel corso del primo lockdown del 2020, da marzo a giugno, interrogandoli sulle loro abitudini di riposo e sulla qualità della vita. Facendo il confronto con un'analoga indagine del 2017, durante la settimana andavano a dormire in media 15 minuti più tardi e la mattina si alzavano 90 minuti dopo, dormendo quindi circa 75 minuti aggiuntivi rispetto al solito . Gli adolescenti intervistati hanno riferito una migliore qualità della vita in relazione alla salute e consumavano anche meno caffè e meno alcol.
"Sebbene il lockdown abbia chiaramente portato a un generale peggioramento del benessere per molte persone, i nostri risultati mostrano un lato positivo della chiusura delle scuole che finora aveva ricevuto una scarsa attenzione", dice uno degli autori , il professor Oskar Jenni. Senza gli altri effetti negativi dell'isolamento a casa , quelli positivi portati dall'aumento nella quantità di sonno si sarebbero probabilmente rivelati ancora più evidenti.
Secondo i ricercatori, l'orario tradizionale di inizio delle lezioni comporta per molti studenti una mancanza cronica di sonno , causa di stanchezza, ansia e disturbi fisici, che a loro volta impattano sulle abilità cognitive riducendo ad esempio la concentrazione e l'attenzione. "Il nostro studio evidenzia chiaramente i benefici di iniziare la scuola più tardi , in modo che i ragazzi possano dormire di più", conclude Jenni. Abituati come siamo all'impostazione tradizionale delle scuole, il suggerimento potrebbe sembrarci improbabile e poco praticabile, ma diversi cantoni della Svizzera stanno effettivamente prendendo in considerazione questa ipotesi.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista JAMA Network Open .
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