Cremonini in cielo a San Siro: l’arte dello show

Issato su un braccio meccanico, davanti a un piano in fiamme: il cantautore si scatena al “Meazza“ con un concerto tutto spettacolo

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di Andrea Spinelli

Incontri ravvicinati del quarto tipo. L’immenso varco che incombe come un palazzo di cinque piani sui destini del kolossal pop depositato ieri sera da Cesare Cremonini tra i sacri spalti di un “Meazza” con 57mila anime, sembra volerselo risucchiare a ogni passo su un’astronave aliena per scorrazzare tra astri e galassie con le sue spiagge di corallo, le sue vespe truccate, le ballerine di jazz che leggono William Blake. Quattro anni dopo la prima notte a San Siro, l’idolo bolognese ha ancora il funambolismo del fuoriclasse, il numero dieci cucito sulla schiena, ma non sbaglia i rigori grazie anche a una orchestra muscolosa impreziosita dalla sezione d’archi diretta da Davide Rossi (Coldplay, Duran Duran, Alicia Keys ed altri).

"Forse l’ho sempre saputo di essere un buon performer" dice. "Non per niente ho Freddie Mercury tatuato sull’avambraccio". L’universo in espansione raccontato dalla cattedrale di luce prospetta nuovi scenari, mettendo in comunicazione punti dello spazio in cui brillano ancora i coriandoli e le pailettes di presenze sempiterne dello “stardom” come il “Killer” Jerry Lee Lewis di Great balls of fire a cui Cremonini, 42 anni, sembra voler rendere omaggio suonando Ciao in piedi davanti a un piano in fiamme. O, ancora, il Michael Jackson dei grandi show da stadio, che Cremonini ricorda cantando La ragazza del futuro sulla cima di un braccio meccanico proprio come faceva “Jacko” quando eseguiva Beat it in tour.

Come nel celebre film di Ronald Emmerich, al perfetto allineamento dello Stargate mancano forse solo i destini commerciali dell’ultimo album La ragazza del futuro, uscito a febbraio e rimasto finora sotto delle aspettative. Basta pensare che Possibili scenari cinque anni fa aveva raggiunto il disco d’oro in due sole settimane di vendita e il platino in cinque, mentre a quest’ultimo ne sono servite quattordici per arrivare all’oro (una settimana fa) e di platino neppure si parla. Anche se è fuori di dubbio che il tour negli stadi una mano preziosa alle vendite saprà darla.

"Voglio portare in scena il sublime e la gioia, l’amore e la perdita" dice Cremonini. "Partendo da Vasco, che ha inventato i grandi raduni, ogni grande artista ha un compito: fare dello stadio un luogo di arte che si spera possa essere d’ispirazione nel mondo del live".

Lui ci prova affiancando il sublime di Poetica alla gioia di Logico #1, l’amore di Nessuno vuol essere Robin e la perdita di MoonWalk, dedicata al padre, fino alle irresistibili hit generazional-giovanili Qualcosa di grande e 50 Special, e al duetto con l’anima digitale di Lucio Dalla sugli schermi. "Ho scelto Stella di mare perché la voce di Dalla sembra magica, capace di alzare il livello della fantasia di chi ascolta" dice. "Non volevo omaggiare Lucio, ma essere lì, sul palco, con lui". Il film sul “Re Sole della musica bolognese” (definizione sua) ventilato la scorsa estate? "Arriverà, ma voglio farlo con calma, dedicandogli un anno intero della mia vita. E ora non era possibile. Certe cose vanno fatte con scienza e coscienza". Altro (acclamatissimo) duetto virtuale dello spettacolo quello di Mondo con Jovanotti.

Partita un po’ a fatica tre anni fa, la prevendita di questo tour in sette stadi (fra cui il “Franchi” di Firenze il 22 giugno) e un autodromo (L’Enzo e Dino Ferrari di Imola per il gran finale del 2 luglio), ha fatto un balzo in avanti dopo l’eccellente performance sul palco dell’ultimo Sanremo. "L’esperienza al Festival mi ha riappacificato con la tv, aprendo una nuova pagina" ammette Cesare. "La Rai mi ha chiesto di fare una riflessione su una possibile esperienza televisiva. Nessuna proposta, solo una riflessione, ma dopo due anni di pandemia questo Paese ha bisogno di musica dal vivo. In futuro, vedremo".

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