Giovedì 18 Aprile 2024

Costanzo, Sgarbi: la sua vita, uno spettacolo. "Andavi da lui ed esistevi di più"

Il critico d’arte ricorda come un padre il giornalista: nessun altro talk show all’altezza del suo. "Al teatro Parioli ha aperto una strada frullando informazione, visione politica, cause importanti"

Maurizio Costanzo non è morto. Per me, per tanti, è morto un padre. Ma lui continua a vivere. Nella sua visione onnivora dell’esistenza aveva previsto tutto, anche di dividere la propria eredità fra chi ha seguito la corrente del grande fiume. Da Funari a Santoro, dalla Gruber alla Merlino. Non è morto. Ha aperto una strada frullando informazione, visione politica, cause importanti. Ha fatto diventare il teatro Parioli una matrioska nel cui ventre frammentato la notizia diventava spettacolo della realtà. Nel suo racconto barocco dell’esistenza non inseriva attori ma testimoni che recitavano senza copione, personaggi che trovavano un autore capace di attribuire loro una funzione. Al palinsesto sostituiva l’estetica dell’imprevisto, il magnete dell’incidente stradale.

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Maurizio Costanzo e Vittorio Sgarbi
Maurizio Costanzo e Vittorio Sgarbi

È quello che ho fatto con lui in 35 anni: uno schianto dietro l’altro. La prima volta, nel 1987, non ci siamo presi. Non mi piaceva un suo ospite troppo retorico e lui mi zittì: "Si faccia da solo la sua trasmissione". Però poi mi richiamò e di lì in poi ho continuato a uscire di strada. Quando ho dato della stronza a una preside. Quando ho detto che avrei voluto vedere Zeri morto. Fino alla rissa con Mughini. La sbandata, l’effetto imprevisto. Grandi serate dove mostrare il proprio virtuosismo, altro che recita. I miei allievi mi rimproveravano perché mi sputtanavo, poi però sono arrivati gli altri. Andavi da lui ed esistevi di più, ti costringeva a uscire dal cliché previsto dalla costruzione della messa cantata, un incontro allora quasi quotidiano. Chi doveva parlare di musica finiva per parlare di calcio o di mafia, e viceversa. Ha liberato la mia vita al di là della forma. Non ero più uno storico d’arte, ma il tizio che vince al casinò e fa saltare il banco. Un incidente dietro l’altro fino alla fine.

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Divertentissimo. Era creare qualcosa che nessuno si aspettava. E lui lo spettatore di quella realtà che si formava sotto ai suoi occhi, caravaggesca.

L’estetica dell’imprevisto è il sale della televisione e Maurizio Costanzo lo aveva messo in conto, sapeva che il vero spettacolo è ciò che non puoi prevedere. Suggerivo: il successo è qualcosa che è successo. E lui si rivendeva quella perla tutto compiaciuto, come se fosse sua. Ogni volta che ha parlato bene di me è stato quando sono diventato una scheggia impazzita. Era questa la formula con cui ha fondato una televisione completamente nuova. La chiamava la sua insalata russa, è diventata la ricetta di tanti talk show, nessuno però all’altezza dell’originale variegato e speziato. Quello della Gruber è un bel teatrino ma molto più costruito e aggraziato, la sua era una festa mobile. No, non è morto. Sono morti Corrado, Mike Bongiorno e la Carrà perché nessuno si è messo sul solco della loro storia televisiva.

Maurizio Costanzo è vivo senza forse esserlo mai stato secondo il luogo comune. A parte le donne, non ha mai avuto la piccola esistenza privata, fatta di ristoranti e mostre. La sua vita era lo spettacolo, il suo habitat quello che creava dentro la pancia della matrioska. Ha scritto un’enciclopedia del mondo. È vissuto dentro il teatro e lì continua a esistere, in un film senza fine tutto da rivedere. Per contrappasso con la sua morte è entrato anche lui nel frullatore della televisione e l’evento si è ribaltato in un formidabile vitalismo. Siamo in tanti ad avere perso un padre: affranti ma pieni di gratitudine. Era unico, generoso. Più contento delle proprie scoperte che del successo personale, peraltro confermato dalle prime. Noi eravamo già lì e lui ci ha trovato facendoci diventare attori di un teatro che non esiste. Ha inventato un’alternativa al mondo e al quarto potere. Non c’è più, però resta la costellazione dentro cui ruotano i suoi satelliti. Il più luminoso è proprio Maria De Filippi, l’allieva modello, l’unica in grado di dare respiro e parola anche alle vite invisibili, apparentemente inutili.

 

 

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