Mercoledì 24 Aprile 2024

Conte chansonnier, sotto le stelle della Scala

L’uomo del Mocambo incanta una platea da “tutto esaurito“. Meyer: "Accogliere qui un artista come lui è aver gettato un ponte"

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di Andrea Spinelli

"Et alors, monsieur Conte, ça va?". Ieri l’uomo del Mocambo ha cantato alla Scala, facendo entrare la canzone d’autore, la sua canzone d’autore, nella classicità. Ancora una volta "etonnè d’etre etonnant", "sorpreso di essere sorpreso", com’è solito ripetere lui – astigiano dal cuore francese – davanti ai cataclismi di una carriera inimmaginabile per qualsiasi altro chansonnier. Quando nell’emiciclo del Piermarini, dopo l’inchino un po’ imbarazzato tra gli applausi di una platea gremita, sold out dal giorno dopo l’apertura delle prevendite, l’Avvocato ha iniziato, infatti, a stillare dal suo pianoforte le note di Aguaplano s’è capito subito che per lui il vantaggio di aver iniziato tardi a frequentare i palcoscenici è stato quello di non essersi visto invecchiare.

Un acrobata, Paolo Conte, sul filo delle polemiche alimentate dalla pretesa profanazione del “tempio” della musica che con indole tutta italica hanno movimentato la vigilia di questa consacrazione, e che ieri sono state nuovamente smorzate dal sovrintendente della Scala Dominique Meyer: "Io sono per la gente che costruisce ponti non muri", ha spiegato, rispondendo alle critiche di chi non trovava appropriata al teatro la presenza di Conte. "Sono critiche che mi hanno stupito. Questa sera – ha concluso – c’è un bel pubblico di habitué e persone che non sono mai venute". Scelta del sovrintendente difesa anche dal sottosegretario Vittorio Sgarbi: "È un errore rendere questo tempio inaccessibile. La musica è universale, come Dio, è aperta a tutti", ha detto, augurandosi altri concerti qui di artisti come Ornella Vanoni e Celentano.

Ma torniamo al cantautore, 86 anni compiuti il 6 gennaio scorso, e alle cravatte sbagliate di Sotto le stelle del jazz, alla luce piena di vertigine di Come di, all’eleganza di zebra della "verde milonga" tanto anelata e cercata, frammenti di un microcosmo provinciale popolato da personaggi così semplici e impermeabili a ogni frivolezza da somigliare nell’esotismo spiccio dei suoi rigurgiti di fantasia ad Apache e Mescaleros.

Con tutta probabilità dallo spettacolo verranno tratti dvd e album dal vivo come evidenzierebbe un repertorio rimaneggiato rispetto a quelli degli ultimi concerti con l’introduzione di brani poco frequentati dalla recente discografia live quali Ratafià, Recitando, Uomo camion o quel piccolo diadema di Appunti di viaggio, anno domini 1982, che è La frase ("Se il saxofono dirà con la sua parlata grassa che la notte non è giusta che la notte non è questa fa di te quello che vuoi fa di te quello che puoi"). In Ratafià imita la tromba, al termine di Alle prese con una verde milonga si fa rumorista dando voce al fruscio del vento.

Memorie ondulate dal tempo (a proposito di Recitando) rinvigorite nella seconda parte della serata scaligera dalla pioggia che batte sulle insegne delle notti andate ne Gli impermeabili, dagli amanti danzanti come foulard di Madeleine, dal Nord-Ovest bardato di stelle di Diavolo rosso, uno dei momenti di maggior intesa con l’ensemble orchestrale. Che è impreziosito dalle chitarre di Nunzio Barbieri, Luca Enipeo e Daniele Dall’Omo, dal contrabbasso di Jino Touche, dal violino di Piergiorgio Rosso, dal violoncello di Francesca Gosio, dalla fisarmonica di Massimo Pitzianti, dai fiati di Lucio Caliendo, Luca Velotti e Claudio Chiara, dalle percussioni di Daniele Di Gregorio.

Della serata, in ordine sparso, pure Via con me, Gioco d’azzardo, la sempiterna Max e su su fino a Le chic et le charme. In platea, ad applaudirlo, ci sono – oltre ai sottosegretari alla cultura Sgarbi e Gianmarco Mazzi –, il regista Paolo Sorrentino ("Conte non ha scritto solo canzoni e poesie, ma ha creato un immaginario"), Isabella Ferrari, Caterina Balivo, Motta, Carolina Crescentini, Caterina Caselli, Raphael Gualazzi, Biagio Antonacci, Madame, Giuliano Sangiorgi, Vinicio Capossela.

Nel bis, con Il maestro, il pensiero va ad Arturo Toscanini, Victor de Sabata, Carlo Maria Giulini, Claudio Abbado e a tutti gli altri fantasmi di quel golfo mistico "che ribolle di tempesta e libertà". Se, quando si esibisce nell’auditorium dei Berliner, Conte dice di fare un inchino alla memoria di Herbert Von Karajan prima di iniziare il concerto, ieri sera alla Scala l’ultimo omaggio è stato per loro.

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