Con quella faccia un po’ così, ecco Raffaello. Il volto ricostruito in 3D

Ricostruito per la prima volta in 3D il volto del ’Divin pittore’: i ricercatori si sono basati sui resti custoditi nella tomba del Pantheon

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Raffaello morì il 6 aprile 1520 stroncato da una polmonite. Nella biografia del Divin pittore vergata da Giorgio Vasari, lo storico racconta che il corpo del grande Maestro venne “composto“ nella sala dove questi aveva lavorato, vicino alla tavola della Trasfigurazione, il suo ultimo dipinto, realizzato nel palazzo Caprini, edificio rinascimentale che si trova nel rione di Borgo, a Roma, e la tavola non era stata finita. Come da lui stesso comandato mentre era in vita, il funerale ebbe luogo nel Pantheon, le spoglie mortali accompagnate da un corteo di artisti mentre "tutti piangevano", come riporta Vasari. Almeno cento le torce portate dai pittori.

Già, ma le sue volontà furono rispettate?

In una lettera datata 7 aprile 1520 e inviata al Duca di Ferrara dal suo ambasciatore a Roma, Alfonso Paolucci, questi scrive al politico e mecenate emiliano che Raffaello venne sepolto quello stesso giorno "nella chiesa Rotonda".

Dopo secoli di controversie la tecnologia ha fugato ogni dubbio, localizzando i resti del padre di capolavori immortali come La Fornarina e La Madonna della Seggiola: sono custoditi nella tomba del Pantheon a Roma. La conferma arriva dallo studio condotto dell’università di Tor Vergata della capitale, che sarà presto pubblicato sulla rivista Nature, grazie alla prima ricostruzione facciale in 3D fatta a partire da un calco dei resti dell’Urbinate, confrontata con gli autoritratti conosciuti dell’artista. Secondo i ricercatori, lo scheletro riesumato nel Pantheon nel 1833 apparterrebbe effettivamente a Raffaello: una tersi che apre la strada a futuri studi molecolari sui resti scheletrici, con l’obiettivo di convalidarne l’identità e di determinare alcuni caratteri fisici, correlati con il Dna come ad esempio i caratteri fenotipici (colore degli occhi, dei capelli e della carnagione), la provenienza geografica e la presenza di eventuali marcatori genetici che predispongono a varie malattie.

Nonostante l’accuratezza delle indagini svolte dall’anatomista Antonio Trasmondo, principale artefice dell’ultima riesumazione di Raffaello, eseguite nel 1833 con i metodi non risolutivi del tempo ma all’avanguardia per l’epoca, non era emerse certezze sul fatto che i resti ritrovati e conservati nel Pantheon fossero realmente quelli del Sanzio. Per fugare i dubbi, l’équipe di studiosi romani ha utilizzato un calco in gesso del cranio di Raffaello realizzato da Camillo Torrenti nel 1833 in occasione della riesumazione del Maestro.

Inizialmente è stato determinato il profilo biologico dell’individuo in esame. La ricostruzione è stata eseguita “manualmente“ al computer. Quindi la ricostruzione è stata confrontata con gli autoritratti di Raffaello e con sue immagini dipinte da altri autori, al fine di valutare la possibilità che il pittore fosse il soggetto rappresentato.

L’analisi morfologica e metrica del calco ha permesso di stabilire che il cranio, mostrando caratteristiche fisiche compatibili con l’aspetto del personaggio, "poteva appartenere a Raffaello Sanzio". I risultati finali ottenuti sono stati infatti definiti "coerenti e completamente sovrapponibili con il profilo del grande Urbinate che ci è stato trasmesso da prove storiche e dalle sue opere artistiche". Ai curiosi non resta che dotarsi della riproduzione dell’Autoritratto realizzato da Raffaello intorno al 1504-1506 conservato agli Uffizi di Firenze: i capelli sono lunghi, il volto ovale, giovane e fresco, con un’espressione seria e composta, che si staglia sulla macchia scura dei capelli e sullo sfondo altrettanto scuro, di colore bruno. Gli occhi sono espressivi, le sopracciglia sottili, il naso longilineo e leggermente all’insù, le labbra carnose, il mento con fossetta. Molto simile il volto che appare nella Scuola di Atene (1510-1511) dei Musei Vaticani: fra i tanti personaggi, Raffaello ha inserito se stesso con un berretto in testa.

Nel rendering realizzato dagli esperti dell’Università Tor Vergata in collaborazione con la Fondazione Vigamus e l’Accademia Raffaello di Urbino, il pittore appare in età matura: i tratti del viso sono pronunciati, a dispetto di come Raffaello si è sempre dipinto: un uomo con lineamenti gentili. Proprio gli stessi con cui soleva rappresentare i suoi personaggi.

Un Photoshop ante litteram?

 

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