
"È un film sulla pesca!", dice Neri Parenti. "Cioè, un film sulla famiglia. Ma non sapevamo che se ne sarebbe parlato tanto, quando abbiamo scritto il film, un anno e mezzo fa". Non più cinepanettoni. Con Volevo un figlio maschio – in uscita dopodomani, 5 ottobre, distribuito da Medusa – Neri Parenti sceglie la commedia fantasy: un quadro familiare italiano, con un padre di tre figli femmine – colte, salutiste – la cui speranza di averne un quarto maschio (con cui condividere le sue passioni per il cibo e il calcio) porta a risvolti del tutto imprevedibili; commedia italiana con uno spruzzo di commedia americana alla Frank Capra. Non è neanche più un film di Natale, esce a inizio ottobre, per poi approdare su Prime, che coproduce la pellicola. E non ci sono Boldi e De Sica, che erano tornati a lavorare insieme, dopo essersi tenuti il muso per 15, proprio diretti da Neri Parenti, con In vacanza su Marte, uscito, causa pandemia, direttamente sulle piattaforme.
Adesso, l’uscita nelle sale c’è. "Sì, peccato che ci sia un sole che sembra Ferragosto", dice Neri Parenti, 73 anni. "Quando abbiamo programmato l’uscita del film il 5 ottobre, mica pensavamo che fosse ancora estate! Speriamo bene…".
Neri, torna a dirigere un film, dopo tre anni di silenzio. E dopo vent’anni di Natale a… e di Vacanze a…. Che cosa cambia?
"Beh, è un film dai toni più delicati. Una commedia fantasy, che guarda ai film americani degli anni ’30 e ’40, come È arrivata la felicità o come La vita è meravigliosa. Cercavo il sapore della commedia americana: non sta a me dire se ci sia riuscito".
E la commedia all’italiana, ha ancora senso? Ha ancora una sua vitalità?
"La commedia all’italiana ha sempre vissuto di regionalismi: le contrapposizioni NordSud, il milanese e il romano, il siciliano geloso, il napoletano flemmatico… Oggi tutte queste cose non si possono fare più".
Perché?
"Perché alle piattaforme non interessano. Tu devi fare un film che, potenzialmente, possa piacere a Oslo come a Timbuctù. Ha ragione Nanni Moretti, quando nel film Il sol dell’avvenire mostra una riunione di produzione dove si parla di film “venduti in 150 paesi“, ripetendo la frase come un mantra".
Ma secondo questa logica, anche un Sordi non potrebbe più esserci?
"No. Ma neanche un Fantozzi, con la moglie brutta, il capo cattivo, la figlia strana. Non sarebbe rassicurante, sarebbe bocciato come progetto".
Lei deve proprio a Paolo Villaggio il suo primo successo, come regista di Fantozzi contro tutti. Poi ha diretto altri sei film della saga. Negli scorsi giorni un intero paese, San Felice sul Panaro, si è trasformato in set fantozziano: dal campo da tennis del "batti lei?" alle strade addobbate con 40 Bianchine, le auto di Fantozzi…
"Vuol dire che Fantozzi è rimasto nella memoria di tutti, vuol dire che è rimasto indelebile, che ancora oggi c’è chi pensa con affetto a Paolo Villaggio, e al suo mondo. E in quel modo un pochino ci sono anch’io".
Proprio oggi, a Genova, iniziano le riprese del film biografico su Paolo Villaggio, una produzione per la Rai. Avrebbe voluto farne parte in qualche modo?
"No. Molte volte mi hanno offerto di fare dei Fantozzi con altri attori, e ho sempre detto che era impossibile. Paolo Villaggio è insostituibile. Questo film è un’altra cosa, un biopic: c’è Luca Manfredi che è un bravo regista, insieme a Dido Castelli, ed Enzo Paci che interpreta Paolo. Spero che riesca a rendere due sue caratteristiche".
Quali?
"La genialità. E la cattiveria. Che era indissolubile dalla genialità".
Parliamo dei suoi attori. Per la prima volta, con questo nuovo Volevo un figlio maschio, lavora con Enrico Brignano: com’è andata?
"Enrico viene dal teatro: è abituato a guardare il pubblico negli occhi, e si sente. In ogni momento, ha i tempi comici giusti".
E Giulia Bevilacqua?
"Giulia ha la qualità di essere camaleontica. Si specchia nel partner, sa capire al volo le sue pause, i suoi ritmi. È diventata “brignana“ in un battibaleno!".
Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro