BEATRICE BERTUCCIOLI
Magazine

Codice Carla: e la Fracci danza Thom Yorke

Luchetti dirige il doc-omaggio: "La sua grazia si sposa con la musica del leader dei Radiohead. L’ho chiamato per il film: lui ha detto subito sì"

Una foto di scena di Codice Carla
Una foto di scena di Codice Carla

Meravigliosa Carla. Quando danza Giselle con Rudolf Nureyev, o Il lago dei cigni, ma anche quando spiega che la tecnica non basta, che ci deve essere anche un pensiero, un’emozione, o quando ricorda l’esperienza nelle tende da circo per portare il balletto fuori dai teatri, in tutto il territorio, o quando si arrabbia per la disparità di trattamento nei finanziamenti pubblici tra l’opera e la danza, con quest’ultima relegata al ruolo di Cenerentola. Ma anche Carla che non si sente un’icona, un mito, e rivendica il suo essere una donna normale, prima di tutto una moglie e una mamma, sempre desiderosa di portare con sé in giro per il mondo tutta la famiglia, come aveva fatto da ragazza con l’amatissimo padre.

Codice Carla, la danza tra inferno e paradiso
Codice Carla, la danza tra inferno e paradiso

Codice Carla è un documentario di Daniele Luchetti dedicato alla grande étoile, una delle più note e apprezzate a livello internazionale, scomparsa due anni fa, a 85 anni. Il film (nelle sale il 13, 14 e 15 novembre), prodotto da Anele e Luce Cinecittà con Rai Cinema, fonde materiali d’archivio alle testimonianze di numerosi artisti, non solo danzatori, che parlano di Carla Fracci ma anche della propria esperienza artistica: da Roberto Bolle a Enrico Rava, da Marina Abramovic a Carolyn Carlson, da Jeremy Irons ad Alessandra Ferri, da Eleonora Abbagnato a Chiara Bersani. E raccoglie i racconti più privati del marito e del figlio, Beppe e Francesco Menegatti. Non una semplice biografia ma un omaggio, e una riflessione su varie forme d’arte e sull’essere artista, impreziosito dalle musiche degli Atoms For Peace di Thom Yorke e Sam Petts-Davies, e con il geniale leader dei Radiohead anche nel ruolo, del tutto inaspettato e dunque coraggioso vista la sua caratteristica di sperimentatore rock compulsivo proveniente da un universo in apparenza lontanissimo da quello della Fracci, di “Music Supervisor“ del film.

Regista di pellicole come Il portaborse e di recente di alcuni episodi della serie di Raiuno L’amica geniale, vincitore di cinque David di Donatello, Luchetti ci ha pensato un po’ prima di accettare. E dice: "Voglio spiegare come è poi accaduto che abbia detto di sì a raccontare una cosa di cui non sapevo niente, perché di Carla sapevo giusto quello che sanno tutti e per averla vista due o tre volte a teatro". E dunque cos’è successo? "Come tanti pomeriggi, ero a casa a guardare materiali di repertorio e a cercare di capire dove agganciarmi per fare un racconto personale. Un giorno, mentre ascoltavo per fatti miei una musica di Thom Yorke, al contempo vedevo sul computer un pezzo d’archivio di Carla. Queste due cose si incastravano così bene che ho capito che questa collisione funzionava. E ho capito anche che Carla era contemporanea, e poteva parlare a noi oggi. Così ho chiamato Yorke e lui si è detto disponibile a collaborare".

Prosegue il suo racconto Luchetti: "A quel punto sono sorte delle domande che avrei voluto rivolgere a Carla. In alcuni casi, ho trovato le risposte negli archivi. In altri casi, ho rivolto ad altri quelle domande, a cominciare da Beppe e Francesco Menegatti, che hanno risposto alle cose più intime, in una maniera per me illuminante. Soprattutto Francesco quando ha parlato della materia oscura che unisce tutti gli artisti, mi ha dato una chiave di lettura di quello che stavo facendo. E Codice Carla credo che sia il titolo più adatto perché questo film è il codice segreto, una sorta di password per entrare non solo nel regno di Carla ma in generale nel regno dei performer".

Carla Fracci, dunque, nostra contemporanea. "Perché con lei e la sua arte il fisico prevale sul virtuale, ed è quello che è accaduto nel dopo Covid. Il cinema si è ripreso con molta più difficoltà rispetto agli spettacoli dal vivo. Il teatro, l’opera si sono ripresi velocemente perché quell’emozione che si prova in presenza non si vive nel virtuale. E quindi ci riporta alla centralità della presenza in scena. E poi ci ricorda quello che considero l’elemento fondamentale per un artista, ovvero se ha un’idea dell’umanità e se riesce attraverso se stesso a rappresentare tutti noi". Entusiasta di Codice Carla, Beppe Menegatti, 94 anni, nel film confida tutto il suo dolore per la morte della moglie, per il suo ritrovarsi "solo, con un armadio di abiti bianchi".

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