Sabato 20 Aprile 2024

Cleptomania: già la sola foto di un oggetto accende lo sguardo e manda in tilt il cervello

Un test ad alta tecnologia ha permesso di registrare l'attività cerebrale di chi commette un furto per il solo piacere di farlo

Non è il valore dell'oggetto, ma il piacere di rubarlo

Non è il valore dell'oggetto, ma il piacere di rubarlo

Per approfondire il meccanismo che spinge le persone affette da cleptomania a rubare oggetti in maniera compulsiva per il gusto dell’atto in sé, un team di ricercatori dell'Università di Kyoto ha condotto un test utilizzando la tecnologia di eye-tracking, che monitora la risposta dello sguardo di fronte a determinate immagini, e la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso (fNIRS), che permette di analizzare l'attività cerebrale rilevando le variazioni di emoglobina nella corteccia prefrontale.

Basta anche solo il video di un negozio o l’immagine di un oggetto

L’esperimento ha coinvolto 11 pazienti affetti da cleptomania e 27 soggetti adulti sani: a ciascuno di loro sono state mostrate immagini contenenti spunti ambientali rilevanti, come negozi e merce su banchi e scaffali, alternate con fotografie e video che invece raffiguravano elementi irrilevanti, come per esempio paesaggi naturali.

Sfruttando le risorse tecnologiche a disposizione, i ricercatori giapponesi hanno potuto constatare che i pazienti affetti da cleptomania presentavano precisi modelli di sguardo e attività cerebrale nel vedere le immagini con spunti ambientali rilevanti per i loro sintomi rispetto alle altre, cosa che invece non avveniva nei soggetti sani. Inoltre, le registrazioni fNIRS hanno rilevato un'attività compromessa nella corteccia prefrontale destra dei pazienti cleptomani durante il test, correlata a un'incapacità di stimare il rischio rispetto alla ricompensa, cioè al piacere di commettere il furto.

Non servono condanne ripetute, ma terapie mirate

“Sebbene la dimensione del campione fosse piccola e si sia ancora in una fase preliminare, il nostro lavoro attesta scientificamente per la prima volta che la cleptomania può anche coinvolgere meccanismi che potrebbero essere simili, se non identici, a quelli legati alla tossicodipendenza”, ha affermato Yukiori Goto, primo autore dello studio, pubblicato di recente sull'International Journal of Neuropsychopharmacology.

Sulla base di questa osservazione, viene quindi sottolineata dai ricercatori l’importanza di mettere in atto trattamenti terapeutici mirati, più efficaci rispetto alle sanzioni penali convenzionali per prevenire gli atti di cleptomania e le ripetute condanne a essi collegati.

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