
Clementina Cantillo, 63 anni, è professoressa ordinaria di Storia della Filosofia all’Università degli studi di Salerno
Salerno, 14 aprile 2025 – Per secoli le donne sono state rinchiuse nei ripostigli del pensiero. Se filosofeggiavano, fornendo alla famiglia accurate mappe di sopravvivenza, lo facevano mentre sbucciavano piselli. Provate a chiedere a qualcuno di elencare almeno cinque filosofe. Ipazia d’Alessandria, d’accordo, ma non vale perché ci hanno fatto un film. E poi? Poche sono riuscite a emergere dalla manovalanza della ragione, come scrive Simontetta Tassinari nel «Libro rosa della filosofia». Dove si chiede: a forza di nasconderle, cosa ha perso il mondo impedendo al genere femminile di esprimere la propria voce? La stessa domanda va rivolta a Clementina Cantillo, 63 anni, ordinaria di Storia della Filosofia all’Università degli studi di Salerno. Un cognome che pesa (suo zio Pino Cantillo fu uno dei massimi studiosi del pensiero di Hegel) e che si farà ricordare perché dopo 120 anni ha conquistato la presidenza della Società filosofica italiana fondata nel 1906.
Come è riuscita a infrangere il tabù?
«Da bambina volevo fare la pianista. Mi sono diplomata al Conservatorio ma non era la mia strada: troppo emotiva, mani troppo piccole. Ho preso il vizio di pensare. Da sempre nella mia famiglia si respirava quell’aria di libertà, dialogo e confronto. Sono stata fortunata e oggi di fronte a tante tragedie fra le mura domestiche sono convinta che sia l’unico antidoto contro la violenza. Peccato che il pensiero sia l’ultimo dei nostri pensieri. La filosofia, l’amore per il sapere, apre strade e addestra all’ascolto. Ringrazio mio padre, mio zio. Spero che mia figlia possa dire la stessa cosa».
E adesso sta in cima alla piramide.
«Mai subito discriminazioni in quanto donna. È arrivato tutto senza forzature, dentro un gruppo magnifico di amici amanti della filosofia. Entriamo nelle scuole a insegnare ai ragazzi l’attualità della tradizione. La filosofia non ha la bacchetta magica ma può far capire l’importanza del ragionamento nel mondo della comunicazione frettolosa e strampalata. La parità di genere, soprattutto in questo campo, è stata osteggiata nel corso di tutta la storia. In pieno Illuminismo Diderot, Rousseau e soci scrivevano sull’Encyclopédie che «la donna è la femmina dell’uomo».
Cosa si sono persi?
«Un piccolo, fondamentale particolare: il conflitto fra maschile e femminile nasce da un pregiudizio biologico - e qui Aristotele ha le sue colpe - ma si nutre di fattori culturali. Le cose stanno cambiando, però alla luce della situazione attuale non mi azzarderei a dire che la prospettiva patriarcale sia stata del tutto superata. La soglia dell’attenzione va mantenuta alta, il dibattito sulla consapevolezza non può avere cedimenti. Ecco, anche questo è uno degli obiettivi della filosofia».
Se Hegel fosse stato donna sarebbe stato Hegel?
«Ai suoi tempi poteva solo essere uomo e lo ha confermato facendo otto figli. A lui il merito di avere messo in luce la parcellizzazione del mondo e di avere escluso la possibilità di un cambiamento senza lo sforzo di cogliere la totalità del puzzle. Oggi, molto più che in altre epoche storiche, c’è bisogno della filosofia: per trovare un’unità di senso nel caos».
Così poi continuano a dire che i filosofi non hanno i piedi per terra. Ha cominciato Voltaire: ’Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia dicendo: questa è filosofia’.
«Voltaire criticava ironizzando tutto un atteggiamento culturale. A volte sì, i filosofi non si fanno capire. E sono spesso topi da biblioteca. Ma dai libri si affacciano alla vita. Non era il mio temperamento, però io sono stata un topo per anni: il punto è inchiodarsi alla sedia e portare avanti un corpo a corpo con il pensiero».
La filosofia ha in sé qualcosa di rivoluzionario e pericoloso. Significa dubitare, interrogarsi sulla libertà, mettersi in crisi. Non le sembra che la donna sia perfetta per il ruolo? Pensi alle streghe. Oppure a Elon Musk.
«Kant diceva: sapere aude. Abbi il coraggio di conoscere. E a scuola abbiamo tutti imparato il suo epitaffio: la legge morale in me e il cielo stellato sopra di me. Questo è rivoluzionario. Alle streghe riconosco la forza eversiva. Quanto a Musk, non mi sembra abbia dietro grande ricchezza culturale. Ma a proposito di aziende: quelle illuminate incominciano a capire di avere bisogno di un filosofo per dare elasticità e profondità alla gestione. Anche alla gestione etica dell’intelligenza artificiale».
Prendiamola con filosofia. Ci regala una pillola di incoraggiamento?
«È del filosofo José Ortega y Gasset: ’Meglio il cammino del riposo’. La vita e il pensiero devono andare avanti, siamo tutti soggetti in marcia. Semplice no?».