Giovedì 25 Aprile 2024

Clarice e le altre, regine degli scacchi

Lo studioso Adolivio Capece e la storia delle poche donne vincenti in un mondo di uomini. "La star italiana? La Benini, amata da Montale"

Clarice Benini (. 1905 - 1976): è lei la “regina degli scacchi” italiana.

Clarice Benini (. 1905 - 1976): è lei la “regina degli scacchi” italiana.

A scacchi, a parità di condizioni, chi vince? L’uomo o la donna?

"Dipende dal tipo di torneo. Se il gioco è veloce, semilampo di 15 minuti a testa o lampo di 5 minuti, siamo al 50%, può vincere la donna come l’uomo. In tornei che arrivano fino a 5 ore, e 8, 10, 11 giorni, laddove il fattore fisico assume una certa preponderanza, si alzano le probabilità che a vincere sia l’uomo. Non va dimenticato però che fu una donna, Nona Terent’evna Gaprindašvili, a trionfare nell’82 al grande torneo internazionale di Capodanno di Reggio Emilia, battendo nettamente 11 giocatori maschi".

Anche il grande Adolivio Capece, maestro, studioso e storico degli scacchi, sta vedendo la serie tv del momento. Ed è lui che ci guida nel confronto tra la fiction di Netflix e la realtà.

Maestro, chi è la vera regina degli scacchi? Esiste o è mai esistita una ragazza geniale come quella portata ora sul piccolo schermo da Anya Taylor-Joy?

"La vera regina è certamente Clarice Benini. Fiorentina, attiva tra le due guerre, arrivata un paio di volte seconda nei Campionati del mondo suscitando un clamore incredibile. Figlia d’arte, bellissima fanciulla alta e bruna, tanto che s’innamorò di lei Eugenio Montale. La incontrò a Firenze, al Caffè delle Giubbe Rosse che ai tempi ospitava il Circolo degli scacchi: come la vide, Montale ci provò. Lui era già fidanzato con Drusilla Tanzi, che poi divenne sua moglie, e aveva in corso una storia pure con una studentessa americana. Clarice pensò bene di lasciarlo perdere. Ma Montale le dedicò una poesia...".

Quale?

"Nuove stanze, ne Le Occasioni (1939), che inizia così: “Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soffitto lenta sale la spirale del fumo che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano stupefatti; e nuovi anelli la seguono, più mobili di quelli delle tue dita...”. Insomma, Montale mica giocava a scacchi, gli alfieri e i cavalli sono sicuramente per Clarice".

Regina tragica: Clarice morì a 71 anni, nel ’76, nella sua casa di campagna, uccisa da un suo vicino, un contadino impazzito. Altre scacchiste geniali?

"L’ungherese Judit Polgár, classe ’76, Grande Maestro a 15 anni, la più giovane scacchista a entrare nella top ten dei 100 giocatori migliori del mondo. Poi il puro genio: Vera Menchik, in Russia, primi del ’900. A un torneo sconfisse proprio quegli uomini che si erano chiesti che senso avesse una donna tra loro. Le sue “vittime“ tra i maschi furono così eccellenti che nacque il ”Club Vera Menchik”: una trentina di iscritti".

Un club di riluttanti, c’è da immaginare: Karpov diceva che non ci sono donne capaci di diventare campioni del mondo perché non esistono donne in grado di stare zitte per quattro ore di seguito. Fischer riteneva le donne "giocatrici terribili" perché "non abbastanza intelligenti". Un mondo un filo misogino...

"Eh sì, soprattutto una volta".

Perché? Forse perché si ritiene il cervello della donna diverso da quello dell’uomo?

"La donna, in genere, è solo più concreta. Semmai è il fisico che nella donna può essere talvolta più fragile, delicato, quindi ha meno chance di battersi alla pari con un maschio nei tour de force dei tornei".

È una questione storica? Sociale?

"Storica: se vogliamo fare un parallelo con la matematica, va ricordato che dopo Ipazia alle donne venne impedito di studiarla. Sociale: se la donna si deve occupare della famiglia, certo ha meno possibilità di dedicarsi totalmente agli scacchi".

La partita si divide in apertura, medio gioco, finale. Le aperture sono una foresta di possibilità e per non perdersi bisogna saperne la storia; nel medio gioco si può dar spazio al colpo di genio, alla fantasia; nel finale torna la necessità di cultura, unita però anche all’esperienza. Gli scacchi sono una metafora della vita?

"Sì. Lo diceva Fischer: “Il gioco degli scacchi è la vita”. Lo diceva Prezzolini: “La vita è una partita a scacchi perché ogni giorno incontri un avversario nuovo che usa tattiche differenti“".

Ed è forse nel medio gioco che la sensibilità, l’intuizione femminile, può esprimersi al meglio?

"Esattamente. È lì, tra le fasi puramente mnemoniche, che le ragazze esplicano tutta la loro genialità. Come anche gli uomini: è lì che si distingue il campione dal pollo".

Ma è possibile intravedere una forza creatrice, “femminile”, negli scacchi?

"Rita Levi Montalcini scrisse un libro, La galassia mente – non nel senso di dire le bugie, beninteso – in cui parlava di “scacchiera cerebrale“. Quando lo lessi pensai che fosse un’eccezionale campionessa, e quando riuscii a incontrarla glielo chiesi e lei mi rispose: io non posso dire di saper giocare, ma posso dire di saper muovere i pezzi. Che umiltà, eppure aveva elaborato questa teoria degli scacchi come rappresentazione della mente, per spiegare il funzionamento del cervello. Oggi, i computer che giocano a scacchi come Alphazero sono talmente avanzati che è inutile utilizzarne i programmi per cimentarsi in sfide con gli umani. Quei programmi vengono “traslati” e utilizzati per cose più importanti, i lanci spaziali. Il meccanismo della partita a scacchi sul computer? Il cavallo, l’alfiere, la torre... riproducono i movimenti dei pianeti e delle stelle nel firmamento".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro