
È il film del momento, se non fosse che questo momento dura da un secolo. Prima del 7 ottobre: arabo-israeliano...
È il film del momento, se non fosse che questo momento dura da un secolo. Prima del 7 ottobre: arabo-israeliano d’incerta etica, Rami ama ricambiato l’araba Shirley che, rimasta incinta, decide di tenere il bambino e lo lascia, mentre la madre di Rami sta organizzando un matrimonio fastoso per la primogenita ignara del fallimento economico del marito. Non solo. La sorella più giovane di Rami perde la verginità, e apriti cielo, mentre la sorella di Shirley rifiuta il nipote meticcio. Si va avanti e indietro nei fatti e nel tempo, ma per una volta le sezioni di flashback destinate al processo del racconto sono piene di vita, e il finale è un fulmine sul progetto fallito di una società israeliana integrata.
Regista palestinese di nazionalità israeliana al secondo film (il primo Ajami, 2009, fu candidato all’Oscar) sceglie attori non professionisti, interni claustrofobici e mare aperto, con fitti dialoghi nel cuore delle questioni. Tocca nervi scoperti di entrambe le parti, dunque è un film politico e civile che sollecita il nostro sguardo sulla storia, tra l’altro capace di mantenere la tensione per due ore tra segreti, bugie, scelte, sacrifici in cui non è difficile ritrovarsi secondo l’eterna commedia umana. Salutare: fuori dalla bagarre dell’informazione aiuta la comprensione.
Silvio Danese