Giovedì 25 Aprile 2024

"Il mio David, la mano di Sorrentino". Capuano: ma i premi sono niente

Per il regista napoletano la consacrazione a 82 anni, dopo l’omaggio del premio Oscar

Antonio Capuano, 82 anni, con Sorrentino

Antonio Capuano, 82 anni, con Sorrentino

"Come sto? ‘Na chiavica. Mia moglie è morta da un mese". Antonio Capuano riceverà stasera il David speciale alla carriera nella cerimonia in onda in diretta su Raiuno. In un’intervista per i suoi ottant’anni, Capuano aveva dedicato alla moglie Willy il primo pensiero. "Mi sopporta da quarant’anni, forse di più", aveva detto. E ora, "piango da mane a sera", confessa.

Capuano, stasera il suo lavoro di regista sarà consacrato, con il più importante dei premi italiani: il David di Donatello...

"Ma i premi non sono niente. Sono un gioco, una finzione, un’ipocrisia. E poi, da vecchio insegnante di Accademia, ho sempre preferito il David di Michelangelo a quello di Donatello!".

Pensa che questo David sia legato all’omaggio che le ha fatto Paolo Sorrentino in È stata la mano di Dio? A quella battuta che fa dire al suo personaggio, già un cult: "Non ti disunire"?

"È vero. È importante non disunirsi. Non disunirsi mai. Nel film gli dico anche “Paolo! A tieni ‘na cosa ‘a dicere? E diccilla!“. Sta tutto lì, il segreto. Avere una cosa da dire, e dirla".

Vi siete sentiti, con Sorrentino, alla notizia del David?

"Sì. E si è fatto una risata. Con Paolo siamo sempre in sintonia. E nel suo film mi ha rappresentato in modo abbastanza aderente. Anche se quando mi sono visto sullo schermo, interpretato da Ciro Capano, mi sono detto: ma ‘o ver sono accussì gruoss?".

Che cosa la unisce e che cosa la divide da Sorrentino?

"Napoli. Lui se n’è andato, io sono rimasto. Sorrentino ha capito Napoli, ma se n’è andato via. Io sono rimasto qui, come un innamorato. Innamorato di una zoccola".

Napoli è una zoccola?

"Ma certo. Ha la bellezza, ha la sensualità, ha tutto. Napoli è così bella che anche la monnezza diventa bella. Napoli è anarchica, scomoda, pericolosa, sregolata e amabile. Napoli non è cambiata, fa sempre paura, si fa sempre detestare e amare".

I suoi film raccontano storie crude. Vito e gli altri, su un ragazzino che diventa camorrista; Pianese Nunzio, su un chierichetto molestato da un prete anticamorra. Poi l’ultimo film, Il buco in testa, su una donna figlia di un poliziotto ucciso da un terrorista rosso. Qual è il filo conduttore?

"Il filo conduttore è illogico, fa salti. Sono le storie che vengono a me, io le accolgo. Io sono l’ultimo regista Dada; sono metafisico, sciocco, stupido, mi faccio affascinare dalle storie, dalle sofferenze delle persone, io racconto quello che sento, senza pregiudizi di nessun tipo. Io sono l’ultimo regista libero. Sono surreale. Sono un pittore che usa la cinepresa. Non sono un regista".

Come era un "non regista" Pier Paolo Pasolini…

"Lui aveva capito tutto. Aveva capito che la società italiana sarebbe diventata schiava di una cosa sola: il consumo. Se non consumi, non esisti. Ci hanno tolto la purezza di vivere".

Adesso Pasolini è celebrato ovunque, per il suo centenario.

"I morti sono sempre santificati. In vita è stato crocifisso".

Il cinema come è cambiato?

"Il cinema non esiste più. Esistono le serie tv, ma io non le guardo proprio".

Gomorra, che ha portato Napoli nel mondo, l’ha vista?

"Gomorra è la cartolina, è Napoli come la immaginano gli altri".

Rispetto al cinema oggi, si sente fuori dal sistema?

"Sempre. Un outsider, come sempre. Non mi piace stare nei gruppi, mi piace cantare da solo. È un privilegio e una dannazione".

Sta preparando un nuovo film?

"Sì. La storia di un attore di strada che fa il Macbeth di Shakespeare in piazza, e viene ammazzato. La storia di un pazzo, ambientata nella Napoli di oggi".

Ha timori, rimpianti, paure?

"Io mi sento sempre ‘nu uaglione. E la vita, e l’arte, sono sempre un miracolo".

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