Giovedì 24 Aprile 2025
MANUELA SANTACATTERINA
Cinema e Serie Tv

Edoardo Leo: «La mia nuova commedia per parlare (anche) del disturbo bipolare»

L’attore racconta il suo nuovo film “30 notti con il mio ex”: amore, accettazione e malattia mentale. Con Micaela Ramazzotti e la regia di Guido Chiesa. Al cinema dal 17 aprile

Edoardo Leo (52 anni) e Guido Chiesa (65)

Edoardo Leo (52 anni) e Guido Chiesa (65)

Roma, 9 aprile 2025 – «Sono sul set del nuovo film di Alessandro Aronadio. Non posso dire titolo o trama. Ma posso dire che è particolare come i suoi precedenti, Io c'è ed Era ora».

Contattiamo Edoardo Leo – reduce dalla regia di Non sono quello che sono e dal successo di FolleMente - per parlare di 30 notti con il mio ex, commedia diretta da Guido Chiesa dal 17 aprile al cinema. L'attore interpreta Bruno, padre di un’adolescente, costretto a ospitare in casa per un mese l'ex moglie Terry (Micaela Ramazzotti) uscita da un lungo percorso di recupero emotivo.

Cosa l'ha spinta ad accettare? «Lavorare con Guido Chiesa e Micaela Ramazzotti. E l'idea di interpretare un personaggio metodico, rompiscatole, a rischio antipatia. Il film poi assolve il compito della commedia: far ridere parlando di temi importanti. In questo caso il disturbo bipolare».

Bruno è pieno di regole. Lei? «Sono molto disciplinato sul lavoro grazie al teatro, per il resto sono un mezzo disastro (ride, ndr). È una specie di contrappasso».

Il film parla anche del dover fare i conti con la crescita dei figli... «Pesca nella quotidianità di cose accadute a tutti, ma parla di un tema non è comune a tutti: la malattia mentale. Ce n'è anche un altro più universale. Ci sono persone che si amano, ma per qualche motivo di mancata accettazione dell'altro non riescano a stare insieme. Quello che succede a questa coppia e a molte altre».

Sceglie film con argomenti in cui specchiarsi? «A parte quelli che scrivo, ho sempre cercato un tipo di commedia che potesse leggere la mia o altre generazioni oppure la società. Perfetti sconosciuti, Smetto quando voglio, Noi e la Giulia, Mia. Raccontare qualcosa che abbiamo sotto gli occhi e, a volte, non riusciamo a vedere. Il cinema dà delle chiavi di lettura straordinarie».

È tornato alla commedia con FolleMente. Perché una pausa? «Avevo voglia di sperimentare, lavorare su personaggi diversi e con nuovi autori, da Ivano De Matteo a Liliana Cavani. Ma sono felice di aver trovato una commedia originale come quella di Paolo Genovese e di essere tornato lì dove mi trovo a mio agio».

Le è dispiaciuto che i David di Donatello non abbiano candidato il suo film, visto anche l'argomento trattato? «Se ci fosse stata l'attenzione dei David sarei stato strafelice. Non c'è stata e va bene così. Non c'è nessuna polemica. Ho visto bellissimi candidati, anche film piccoli che stanno avendo grande attenzione come l'ho avuta io con il mio esordio alla regia (Diciotto anni dopo, ndr). Fui nominato e mi aiutò tantissimo. È giusto dare visibilità agli esordienti».

Con il suo film ha girato l'Italia incontrando gli studenti. La cronaca ci dice che l'età media di chi commette femminicidi si sta abbassando. «Dico con rammarico che quando ho fatto il tour nelle università ad ascoltarmi c'era una platea dell'80% di ragazze. Fatichiamo a raggiungere i ragazzi, soprattutto di quell'età. Sfuggono il problema. Qualcuno dice che sta diventano noioso parlarne, la cronaca ci ricorda tristemente ogni giorno che non è così. Quando i miei figli mi chiederanno da che parte stavo quando combattevamo questa battaglia, dirò: “Da quella giusta”».

Una curiosità: dei finti corti messi in Curriculum a inizio carriera aveva inventato anche le trame? «(Ride, ndr). Non era arrivato a tanto. Ma avrei potuto, non c'era ancora Internet».