Sabato 20 Aprile 2024

Argento, un divo inossidabile

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di Manuela Santacatterina

Il Maestro del Brivido. L’Alfred Hitchcock italiano. Oppure, più semplicemente, Dario Argento, un regista in grado di rivoluzionare il cinema, non solo italiano, influenzando generazioni di registi. "Ma ho fatto film così diversi l’uno dall’altro", ci racconta quando lo incontriamo a Roma, per la rassegna curata da Cinecittà che anticipa la retrospettiva a lui dedicata a giugno al Lincoln Center di New York. "C’è la parte dei thriller e quella horror. Ma i racconti sono diversi. Così come sono diversi i personaggi". Oggi potete (ri)vedere i suoi capolavori in streaming su CHILI: da Suspiria, restaurato dal direttore della fotografia Luciano Tovoli (inquadrate il QR), a Phenomena, con Jennifer Connelly, fino al suo ultimo film, Occhiali Neri, con Ilenia Pastorelli e la figlia Asia.

Tra quei film ne ha uno a cui a cui è più legato?

"Diciamo che Suspiria mi ha impegnato molto. Ci ho impiegato tanto a farlo nonostante di solito io sia abbastanza veloce. Invece quel film mi assorbì molto, proprio perché volevo fare qualcosa di diverso. ripensandoci ora, credo di esserci riuscito. Infatti, tra i miei film, è quello più conosciuto in tutto il mondo".

In Occhiali Neri c’è un’inedita tenerezza...

"La sceneggiatura del film ha vent’anni. È stata scoperta da mia figlia Asia in un cassetto. È stata lei a spingermi a farlo. La tenerezza era un elemento già presente all’epoca, ma naturalmente l’ho aggiornato. E il lockdown è stato un momento importante. Costretto in casa, ci ho lavorato e gli ho dato una bella svezzata (ride)".

La musica è fondamentale nel suo cinema. Un colonna sonora che ama?

"Non solo una. Ci sono dei pezzi bellissimi sparsi ovunque. Da Suspiria a Profondo Rosso a L’Uccello dalle Piume di Cristallo, dove Ennio Morricone improvvisò la musica con il suo gruppo. Fu un’esperienza bellissima vederlo suonare la tromba. Io e la musica siamo come due persone che vanno molto d’accordo (ride)".

Lei ha lavorato come sceneggiatore per altri registi. Come andò con Sergio Leone?

"Mi chiamò lui, insieme a Bernardo Bertolucci, per scrivere C’era una volta il West, il primo film con protagonista una donna, Claudia Cardinale. Lo fece perché eravamo giovani. Pensava che gli sceneggiatori di una certa età, quelli famosi, non conoscessero le donne e non le sapessero raccontare. Secondo lui noi, essendo più liberi e a contatto con le ragazze, potevamo raccontare meglio la psicologia femminile".

Oggi cosa la rende orgoglioso del suo lavoro?

"Tanti registi sono orgogliosi, pieni di sé, supponenti. Io non sono così. Ho fatto i miei film perché sentivo di doverli fare. Avevo dentro di me una spinta a raccontare. Sono contento, mi hanno dato grandi soddisfazioni. Il fatto che ora ci saranno le mie retrospettive a New York, Los Angeles e Parigi significa che forse qualcosa devo aver lasciato nella memoria degli spettatori...".

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