Giovedì 18 Aprile 2024

Cinema e impegno, il Novecento di Citto

Maselli morto a 92 anni. Dalla lotta partigiana agli esordi con Antonioni. A Venezia prima in concorso poi da contestatore nel ’68

Migration

di Giovanni Bogani

Era il 2008. L’aereo sbarcava a Los Angeles. Dentro, Francesco “Citto“ Maselli e Carlo Lizzani, che andavano al festival Los Angeles, Italia. Citto Maselli scese dall’aereo incredulo. E di fronte al poliziotto della “Immigration“, in divisa e pistola, aveva uno sguardo pieno di timore. Poi, appena ricevuto il timbro sul passaporto, era felice come un bambino. "Perché?" gli chiesi. "Ma come! Ero terrorizzato che ci rimandassero indietro. Pensavo scoprissero che sono comunista". E giù risate, con Carlo Lizzani. Era approdato negli Stati Uniti, e gli sembrava quasi impossibile.

Oggi, anche i giornali americani – e le riviste internazionali più prestigiose, come Variety – piangono la morte di Citto Maselli. Regista, intellettuale, autore di film importanti e belli, e uomo dall’animo candido e gioioso come quello di un bambino. Protagonista del cinema, così come della vita politica del nostro Paese: sempre fedele ai suoi ideali, lui che ancora adolescente si era iscritto al Pci, nei giorni della liberazione di Roma. A quattordici anni, nel 1944, era già alla testa dell’unione degli studenti italiani, a portare armi e cibo ai partigiani dei Gap.

Aveva 92 anni, Citto Maselli. Era nato a Roma, nel 1930, in una casa di artisti e intellettuali: il padre era critico d’arte, nella cui casa passavano gli spiriti più coraggiosi e progressisti della scena artistica italiana: Bontempelli, Savinio, Alvaro, Cecchi. Suo padrino di battesimo è Luigi Pirandello, lontano parente e futuro premio Nobel per la letteratura (1934). Ed è proprio il drammaturgo siciliano a scegliere, per lui, quel soprannome: Citto. E Citto sarà, per tutti, per sempre. Sono anni turbinosi ed esaltanti, per lui, quelli del dopoguerra. Ad appena 18 anni, ancora studente del Centro sperimentale di cinematografia, conosce il set con Michelangelo Antonioni: è aiuto regista nel documentario L’amorosa menzogna. Si stimano, diventano amici: l’enigmatico regista ferrarese e l’entusiasta giovanotto romano. Citto lavora alla sceneggiatura dei primi film di Antonioni. Fra alti e bassi, continueranno a stimarsi tutta la vita. Saranno molti i suoi amici intellettuali: da Italo Calvino a Giorgio Bassani, da Cesare Zavattini a Luchino Visconti. Che lo aiuta a ottenere il primo contratto per un film: è Gli sbandati, che Maselli dirige ad appena venticinque anni, e che lo porta alla Mostra del cinema di Venezia.

Venezia. Per lui, un punto di riferimento. Da amare o da contrastare: nel clima infuocato del ’68 Maselli è in prima fila fra i contestatori. E la politica, Maselli la porta anche nei film: come Lettera aperta a un giornale della sera, del 1970, in cui critica i “suoi“, gli intellettuali di sinistra, velleitari, inconcludenti.

Politica, sì. Ma anche alcuni Caroselli “capitalisti“, per Perugina, Buitoni e, soprattutto, quel piccolo gioiello che sono i Caroselli della birra Peroni, con Terence Hill e Solvi Stubing: "Chiamami Peroni, sarò la tua birra". Anche quella è storia del nostro costume, della nostra società. E del resto le donne sono al centro del suo cinema: non è un caso che abbia lavorato con Anna Magnani, Lucia Bosé, Claudia Cardinale, Shelley Winters e che abbia dato a Ornella Muti uno dei ruoli più importanti della sua carriera, con Codice privato. Nel ’75 firma uno dei suoi film più belli, Il sospetto, con Gian Maria Volonté militante comunista che in pieno fascismo viene braccato dalla polizia segreta, l’Ovra. Nel 1986, ancora un attento ritratto femminile con Storia d’amore, che porta la debuttante Valeria Golino alla Coppa Volpi come miglior attrice, e gli vale il Premio speciale della giuria alla Mostra del cinema di Venezia. Venezia, amata e combattuta. Nel 2004 crea una sezione parallela alla Mostra del cinema, le Giornate degli autori, spazio di libertà e di attenzione a tutto ciò che esce dai confini del già visto. Ancora l’impegno: per trent’anni guida l’Associazione nazionale degli autori cinematografici. E nel 2001 contribuisce a creare la fondazione Cinema del presente, collettivo di autori con i quali realizza molti documentari cruciali per la nostra storia recente.

Intanto, c’è la vita: la lunga relazione con la scrittrice Goliarda Sapienza, che gli era stata presentata da Visconti, e poi il matrimonio con Stefania Brai, sposata nel 1986. È stato un uomo entusiasta, che ha molto amato: la vita, il cinema, le donne che gli sono state accanto, la politica, la speranza incrollabile in un mondo più giusto, migliore.

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