Mercoledì 24 Aprile 2024

Churchill, Stalin e la vodka Firmato Indro Montanelli

Domani sono vent’anni dalla morte del grande giornalista protagonista del ’900. I fratelli Mazzuca lo ricordano, raccontando anche i suoi incontri leggendari

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di Alberto

e Giancarlo Mazzuca

Quasi sicuramente l’incontro con i vip ed ex vip del potere che più fece divertire Indro fu quello con Winston Churchill, ormai messo da parte dal suo Paese ma sempre abile nello sfornare battute. Quando lo vide sulla Costa Azzurra, ospite nella villa di Lord Beaverbrook, l’ex premier britannico stava battibeccando proprio con il proprietario della villa, raccontò Montanelli nella sua autobiografia scritta da Tiziana Abate, per due motivi: "Prima di tutto perché il suo ospite lo rimproverava di essere stato un conservatore un po’ bricconcello, colpevole di aver liquidato l’Impero. E poi per lo champagne: Churchill ne consumava in quantità industriali, ma solo di gran marca e accusava il suo ospite di rifilargli delle annate scadenti".

In quel racconto emerse di Churchill una figura diversa dal solito statista fisicamente tracagnotto e rubizzo. Si dimostrò un "conservatore formidabile, capace di mitigare con l’umorismo gli squarci più solenni della Storia. Mi confidò che, dopo il celeberrimo discorso ai Comuni del “sangue, sudore, fatica e lacrime”, aveva aspettato che venissero a prenderlo con la camicia di forza: “Poi mi resi conto che in un manicomio c’ero già, era l’Inghilterra”".

Montanelli gli chiese anche di Jalta. Risposta secca: "Un gioco di reciproci inganni". Montanelli raccontò anche che "il granchio più grosso lo prese Stalin, convinto che Churchill e Roosevelt si presentassero con un’intesa segreta per metterlo nel sacco, mentre in realtà le loro tesi erano antitetiche. Queste divisioni furono accresciute dalla logistica della conferenza. Per impedire consultazioni segrete fra inglesi e americani, Stalin aveva alloggiato le tre delegazioni in altrettante villette separate, delle quali lui occupava quella di mezzo. Precauzione del tutto inutile perché Churchill e Roosevelt (che Churchill disprezzava e in privato chiamava "la canaglia") erano quasi sempre in contrasto e Stalin ne profittava per imporre le sua volontà".

La sera poi, mentre Roosevelt andava a letto presto, Churchill e Stalin facevano a gara a chi reggeva più vodka. Una sera il leader inglese bevve oltre il limite e la mattina dopo chiese a uno Stalin anche lui annebbiato di parlare con l’interprete della sera precedente per sapere se avesse detto qualcosa fuori luogo. E Stalin: "Impossibile. L’ho già fatto fucilare stamattina alle sei".

Gli domandò anche se fosse vera la storia del carteggio con Mussolini: "Negò recisamente. È vero che per il Mussolini d’anteguerra Churchill aveva simpatia, sia pure corredata da un certo disprezzo per il nostro Paese. E di piazzale Loreto parlava con un miscuglio di rabbia e di pietà. Quando gli dissi che c’ero stato, mi chiese solo: “E non vomitò?” Ma se anche una qualche corrispondenza tra i due è esistita, sono certo però che contiene cose di poco conto, di quelle che possono fare curiosità, non storia. A meno che, come supponeva – e sottolineo supponeva – Grandi, l’epistolario non consistesse in una o due lettere che Churchill, nell’imminenza della nostra entrata in guerra, avrebbe scritto al Duce per sventarla, offrendo in cambio all’Italia alcune terre e piazzeforti coloniali a spese dell’inconsapevole Francia".

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