Churchill pittore, quel geniale dilettante

Va all’asta da Christie’s il quadro dipinto dallo statista a Marrakech e donato al generale Montgomery: "Attacco la tela come in battaglia"

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di Anna Mangiarotti

Aveva un "passatempo perfetto" Sir Winston Leonard Spencer Churchill, forse il più grande, certo simpatico, politico del Novecento sconvolto da due guerre mondiali. E lo consigliava: "Dipingere. Senza estenuare il corpo, assorbe per intero la mente. Provateci, prima di morire, se non lo avete mai fatto... Restituisce la joie de vivre".

Gioiosi colori impressionisti, vividi blu e verdi e caldo ocra, accendono uno dei suoi 500 lavori che per la prima volta sarà esposto al pubblico il prossimo febbraio. E offerto all’asta il primo giorno di marzo da Christie’s, a Londra: Scene at Marrakech, 1935. In quell’anno, il primo viaggio di Churchill in Marocco. Allora semplice turista (la nomina a primo ministro nel ’40). Incoraggiato a scoprire la qualità di luce del deserto da John Lavery, eccellente ritrattista della famiglia reale, amico e tutor, vicino di casa nella capitale britannica. Contemporaneamente, in Africa, l’invasione dell’Etiopia era minacciata da Mussolini. Con lui, tuttavia, meglio essere concilianti, ed evitare l’embargo petrolifero all’Italia che infatti l’avrebbe costretta ad avvicinarsi alla Germania nazista, suggeriva invano Churchill. Il quale, armato di pennello davanti al tramonto sulle montagne dell’Atlante, lo proclamava "il luogo più bello del mondo".

Il quadro ambientato a Marrakech era stato un suo dono al Feldmaresciallo Bernard Law Montgomery "per ringraziarlo del determinante contributo alla vittoria finale delle forze alleate nel 1945 contro il Terzo Reich di Adolf Hitler", recita il comunicato di Christie’s. Ma è probabile che l’artefice della sconfitta dei tedeschi in Nord Africa, eroe della battaglia di El Alamein, poi decisivo in quella di Dunkerque e nella campagna in Italia, anche per affinità con l’autore fosse considerato il destinatario ideale dell’opera ben riuscita.

"La pittura – secondo Churchill – è come un attacco sulla tela e va condotta dall’inizio alla fine con le tattiche di un generale sul campo di battaglia... Capace di notare da uno speciale punto di vista infiniti dettagli, superfici, montagne, alberi, fiumi, ponti... Singole unità composte poi in un insieme. Necessario un buon piano, concepito da un intelletto su grande scala. Necessarie, in secondo luogo, forti riserve". Ovvero, i colori, per un artista. Così aveva spiegato nel breve saggio Painting as Pastime, apparso per la prima volta nel 1923 in Thoughts and Adventures, poi pubblicato separatamente in edizioni inglesi e americane.

Perché il quadro sia messo all’asta dagli eredi Montgomery, si può solo presumere. Stima di partenza 300-500mila sterline (quasi equivalente in euro), verosimilmente sarà battuto per una cifra superiore. Persino quintuplicato, qualche anno fa, il valore di altri dipinti di Churchill contesi nella contrattazione, diventando oggetti di desiderio. Sopravvalutato, il talento del dilettante?

Uomo di Stato, anche Premio Nobel per la Letteratura nel 1953, Churchill riconosceva di avere avuto, sì, una vita meravigliosa, piene di molte conquiste: "Ogni mia ambizione è stata conseguita, tranne una: non sono un grande pittore". Gli mancava, per esempio, la pazienza di Monet, intento per giorni, su una barchetta, ad aggiunte e integrazioni sulla stessa tela per raffigurare terre e acque. Churchill invece non resisteva alla tentazione di raggiungere il prodotto finito in una sola seduta, senza attendere gli assestamenti cromatici. Ma si riprometteva maggiore disciplina: "Quando sarò in paradiso, conto di passare una buona parte del mio primo milione di anni a dipingere, così da esplorare la materia sino in fondo..."

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