Mercoledì 24 Aprile 2024

Christiania, c'era una volta il paradiso hippie

Mezzo secolo fa veniva fondata la città libera alla periferia di Copenhagen. Ma da utopia ribelle è diventata solo un’attrazione turistica

Una foto d’epoca di Christiania, 34 ettari di libertà a Copenhagen

Una foto d’epoca di Christiania, 34 ettari di libertà a Copenhagen

Compie mezzo secolo il Fristadt Christiania, la libera città, o Stato, di Christiania, alla periferia di Copenhagen. La patria dei giovani ribelli, nei favolosi anni Sessanta, quelli accompagnati dalle canzoni dei Beatles, avevano creduto che fosse possibile cambiare il mondo, e si erano fatti sedurre dalla promessa di una nuova frontiera da John Kennedy. Ma erano tutti morti assassinati, John, il fratello Bob, e Luther King, nel Vietnam si continuava a morire, in Germania, in Italia, in Giappone, cominciava il terrorismo. In Danimarca, i giovani conquistarono il loro spazio, abusivo, un’isola felice, o un ghetto degli ultimi hippies, o un lager, come giudicarono alcuni, dove quanti disturbano la società, si lasciavano rinchiudere. Non era possibile cambiare il mondo, ma si poteva creare un piccolo spazio dove continuare a sognare. Una conquista ingannevole?

Tutto cominciò il quattro settembre del 1971, quando gli abitanti del quartiere di Christanshavn buttarono giù il filo spinato che circondava l’antica cittadella militare costruita nel 1617 dal re Christian IV. Era stata utilizzata fino all’ultima guerra, ma gli edifici erano abbandonati da decenni. I genitori volevano usare la zona come parco giochi per i bambini, e protestare contro la cronica mancanza di alloggi sociali in Danimarca.

Nei giorni seguenti, li imitarono poco alla volta i giovani, ma nessuno se ne accorse fino a quando Jacob Ludivigsen scrisse un lungo articolo per l’ Havedbladet sull’occupazione gioiosa della città proibita dei militari. Era nata Christiania, che divenne presto un mito per i ragazzi d’Europa, 34 ettari di libertà, al di fuori dalle vecchie regole. All’inizio, la polizia tentò di sgomberare la cittadella, alla fine si decise di lasciar perdere: la zona era troppo vasta, e gli occupanti non davano fastidio. Allora la sede di corrispondenza del mio giornale era ad Amburgo. In estate vedevo arrivare 500, con sulle fiancate l’orgogliosa scritta: Catania o Bari o Napoli-Polo Nord, un’avventura sulle minuscole utilitarie cariche al di là del possibile, ma percorsa in autostrada. Amburgo era una tappa obbligata, per Sankt Pauli, il quartiere a luci rosse, ancora un ghetto del sesso sul porto, dove tutto era permesso e le donne erano esposte in vetrina.

Il viaggio verso l’estremo nord si concludeva al di là del Baltico, a Christiania, o poco oltre in Svezia. Veramente la Scandinavia era un paradiso del libero amore? I giovani italiani, e i gli altri europei, potevano solo ammirare e invidiare i loro coetanei danesi, a Christiania non amavano i curiosi, gelosi della loro precaria conquista. Gli abitanti del libero stato si dedicavano alla meditazione e allo yoga, crearono un loro gruppo musicale e una compagnia teatrale, il Solvognen, il carro del sole, che presto fu invitata a compiere tournée in Danimarca e all’estero, erano ribelli e artisti.

La comunità ebbe anche una sua bandiera, come un vero stato, una banda rossa con tre punti gialli in campo bianco. Secondo quanto si racconta, i colori furono scelti perché i primi occupanti trovarono in una caserma abbandonata bidoni di vernice rossa e gialla. I tre punti stanno per "libertà, uguaglianza, fratellanza" oppure secondo altri per "pace, amore, armonia". Tutto è tollerato, purché sia regolato.

Come scrisse Ludvigsen, fin dall’inizio, a Christiania circolavano le droghe, e le autorità chiudevano gli occhi. La comunità si autocontrollava, attenta a che non si andasse oltre il limite. Per i danesi la cittadella dei ribelli era un esperimento riuscito, un simbolo della tolleranza democratica della Danimarca, e Christiania divenne un’attrazione turistica, anche per i borghesi.

Sono trascorsi 50 anni, Christiania oggi è abitata da un migliaio di pacifici ribelli, alcuni dai capelli grigi. Il quartiere è attraversato da una Pusher Street, dove si vende la droga liberamente. Un commercio su cui la comunità è divisa: ma per vietarla. Nel 2018, la polizia ha sequestrato 200 chili di cannabis, e 400mila euro agli spacciatori. Il codice di Chiristiania vieta le droghe pesanti, il furto, la violenza, e le armi, anche girare con coltelli da cucina. Nella cittadella sono vietate le auto, già anni prima che nascessero i verdi. Ma 132 abitanti hanno un’auto, e possono usarla ma solo in alcune strade.

Christiania non è un paradiso, negli anni sono avvenute sparatorie, un giovane è stato ucciso in una guerra tra bande per lo spaccio di droga. Le autorità vorrebbero inglobare il quartiere nel comune di Copenhagen, ma gli abitanti resistono. Si arriva a Copenhagen per ammirare la statua della sirenetta di Andersen, e compiere un tour per Christiania. Un paradosso: i ribelli non sopportano di essere osservati e fotografati "come animali allo zoo" dai curiosi, ma la loro libertà è difesa anche dal profitto delle agenzie turistiche.

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro