Giovedì 25 Aprile 2024

Nicola Savino: "Che scherzi a De Gregori e Michael. Anche una sigaretta esplosiva"

Il presentatore torna all’Isola dei famosi dopo 10 anni ma da opinionista. "A Radio Deejay giorni indimenticabili". L'intervista

Nicola Savino, 54 anni, da domani opinionista a 'L’Isola dei famosi'

Nicola Savino, 54 anni, da domani opinionista a 'L’Isola dei famosi'

Nicola Savino, dieci anni fa – ne aveva 44 – conduceva l’Isola dei famosi con Vladimir Luxuria. Ora (in onda da domani su Canale 5) partecipa di nuovo, ma in veste di opinionista (ancora in coppia con Luxuria – concorrenti più noti: Carmen Di Pietro, Clemente Russo, Ilona Staller, Lory Del Santo, Marco Melandri, Nicolas Vaporidis).

Si torna sempre sul luogo del delitto?

"È un reality che ho sempre guardato. La scena con i naufraghi che si gettano dall’elicottero è ormai un cult imperdibile. La forza del programma è anche proporre le immagini di spiagge tropicali in un periodo dell’anno in cui si sogna solo mare e sole".

Torniamo ai suoi esordi nel mondo della radio. Di recente Gerry Scotti ci ha raccontato della battaglia degli estintori combattuta nelle stanze di Radio Deejay...

"A quella battaglia partecipai anche io. Alla radio sono l’unico che ha la deroga – ufficiosa, non ufficiale – al rispetto della legge sulla sicurezza, per usare gli estintori a scopo ludico. D’altronde sono l’unico che sa distinguere quelli a Co2, che si possono usare, da quelli caricati a sabbia, che producono, come è successo, danni micidiali. Ho raccolto la gloriosa eredità di Gerry ormai 35 anni fa".

Lei spesso racconta degli esordi di Radio Deejay come di un felice periodo indimenticabile...

"Erano gli anni ‘90, e la radio era tutta votata alla leggerezza, trasmettevamo solo musica straniera. Poi aprimmo a quella italiana, anche impegnata. Un giorno venne in studio Francesco De Gregori, ci guardava come alieni. Io e Mario Fargetta inscenammo una finta lite a pugni e schiaffi accapigliandoci a terra, per presunti motivi di lavoro. De Gregori sbiancò in volto, e, dopo, ci disse: ‘Ho pensato: questi milanesi come prendono il lavoro sul serio’".

Ne facevate di tutti i colori...

"Una volta venne George Michael. Chiese una sigaretta. Allora noi ne confezionammo una raccogliendo un po’ di tabacco dai mozziconi e ci infilammo dentro una miccetta, che naturalmente gli esplose in volto!"

Il suo inserimento a Radio Deejay comunque non fu facilissimo...

"Ci misero alla prova due alla volta, per una settimana. Alla fine della prima settimana non confermarono quello che lavorava con me. Allora mi prendono, pensai. Macché. La settimana dopo ero di nuovo in ballottaggio con un altro. Cacciarono anche quello, io rimasi. Andò avanti per quattro settimane, finché il primo aprile del 1989 – e naturalmente pensai a uno scherzo – mi presero".

In un’intervista ha detto che a quei tempi Linus era ‘più superficiale’. Che cosa intendeva?

"Tutti noi cresciamo e tendiamo a diventare da bidimensionali a tridimensionali. Linus in seguito ha approfondito attraverso letture, film, esperienze. Oggi è un uomo molto complesso".

Ha detto che i libri la annoiano...

"Devo avere un disturbo dell’attenzione. Preferisco saggi e biografie, i romanzi non ce la faccio proprio, mi perdo con i nomi. Non ho sviluppato lo stesso gusto che ho per la musica. Ogni giorno leggo i principali quotidiani, preferisco impiegare venti minuti a leggere un approfondito articolo sul Foglio che affrontare un romanzo di 500 pagine".

Lei sostiene che i giovani coltivino poco la radio...

"Negli ultimi cinque-dieci anni la radio ha sofferto la concorrenza spietata del cellulare. E dirò di più: nessuno vuole fare il deejay, ma neanche il presentatore. I giovani vogliono essere quelli presentati, non chi presenta. Come dice Ligabue, tutti vogliono viaggiare in prima".

Perché il Festivalbar, di cui lei ha fatto l’autore per nove anni, è scomparso?

"Prima di tutto per la crisi del disco. Nel decennio 2000-2010 si è passati dal compact disc alla musica liquida. Le case discografiche avevano un ruolo fondamentale per il Festivalbar. Le compilation si vendevano a centinaia di migliaia di copie. E forse il budget offerto da Mediaset si era ristretto..."

Lei ha raccontato a cuore aperto di suo padre che, lavorando per l’Eni, era sempre fuori casa, e di averlo visto pochissimo fino ai 14 anni. In seguito suo padre si ammalò di depressione. Pensa che un’infanzia, e un’adolescenza così travagliate – come spesso capita agli artisti – siano state una molla importante per la sua carriera?

"È talmente insano cercare di fare questo lavoro, dove sei esposto a ogni genere di critica, che sicuramente la decisione è frutto di squilibri. Nel mio caso, come credo in molti altri, è il desiderio di farsi vedere, farsi notare, farsi amare dai propri genitori anche se non ci sono più"

Lei si è sposato due volte...

"La prima dal ‘92 al ‘99. Non avevo ancora messo la testa a posto. L’attuale matrimonio (con Manuela Suma, una figlia, Matilde, 16 anni, ndr), invece, facendo le corna... Anzi no, non facendo le corna, procede benissimo".

Che cos’è la sindrome del nuovismo, di cui lei è affetto?

"Tutto quello che è nuovo attira la mia attenzione. Anche nella musica. Tutti i venerdì su Spotify escono canzoni nuove e io do sempre un’occhiata".

Una volta ha detto: ‘I giovani non devono conoscere la musica dei vecchi’.

"Mi sembra strano, non lo penso. Mia figlia, 14 anni, conosce alla perfezione i Beatles, anche meglio di me. È normale che i ragazzi ascoltino la musica rap o trap".

Quando era giovane lei ha detto: ‘Non voglio diventare uno di quelli che dicono ‘era meglio prima’...

" È una frase da sconfitti, una bugia, un tranello che ci tende il cervello. Noi eravamo più giovani ma non era meglio. Oggi ci sono meno auto rispetto a una volta, avevamo sei canali e oggi ne abbiamo ottocento, non c’era Internet, allora si usciva una volta a settimana oggi si esce tutti i giorni, adesso chiami e ti portano il cibo in casa, una volta spendevo la mia paghetta settimanale di diecimila lire per comprarmi un solo disco, adesso con dieci euro al mese posso avere tutta la musica che voglio... e potrei continuare. No, non è vero che una volta era meglio".

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