Martedì 23 Aprile 2024

Cesare Sughi, un uomo di cultura prestato al giornalismo

Allievo di Anceschi, direttore editoriale della Bompiani con Eco. L’ex rettore Dionigi: "Quando muore un’intelligenza è un delitto"

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di Marco Guidi

BOLOGNA

Non stava bene da tempo e il suo fisico di colpo dimostrava tutti i suoi 78 anni. Con Cesare Sughi se ne va un intellettuale dalle molte vite: studioso, insegnante, manager editoriale, scrittore e poi giornalista amato, stimato e curatore della miglior rubrica di lettere che io abbia mai visto, firma indimenticabile del Resto del Carlino. Eravamo amici dal 1954 con Cesarone, dalla seconda media, insieme poi al liceo, poi all’università, stessa facoltà: Lettere e Filosofia. Ivano Dionigi ex rettore, intellettuale, uomo di profonda cultura ha voluto rendergli omaggio cosi: "Se ne va un’idea di convivenza, di città, di cultura. Quando muore un’intelligenza è un delitto".

All’università fu folgorato, con ragione, da un piccolo professore venuto da Milano, Luciano Anceschi (cui, nel 2005, dedicherà un bel libro: L’allievo perenne. I miei anni con Luciano Anceschi). Anceschi cambiò il modo di porsi di fronte alla poesia, all’arte, alla critica. E Cesare fu conquistato dal maestro, si laureò con una tesi su Pirandello e fu nominato assistente, senza stipendio. E intanto faceva teatro sperimentale, collaborava a regie, a riadattamenti di testi.

Fu forse anche per questo che quando Valentino Bompiani, grande editore, acquistò Sipario, la rivista di chi ama il teatro, di chi lo fa, di chi lo studia decise di scegliere il giovane studioso bolognese come caporedattore. Fu così che Sughi si trasferì a Milano. Diventò direttore editoriale della Bompiani: nel 1972, lavorando con il giovane Umberto Eco, produsse un volume ancora oggi famoso, l’Almanacco 1971. Poi la casa editrice Cappelli e l’incarico da collaboratore al Carlino.

Fino a che le sue doti, le insistenze di un forte gruppo e, in fondo, l’evidenza non lo fecero assumere. Nacque così il Cesare cronista con famosi servizi. Ma la passione di Sughi era rimasta la cultura e come redattore culturale diede grandi prove: intervistando i big della letteratura, come il Nobel Nagib Mahfuz, al Cairo. Andato in pensione tornò a occuparsi di cronaca, in particolare fu scelto per rispondere alle lettere. Lì la sua competenza, la sua gentilezza, il suo savoir faire gli conquistarono un’ammirazione diffusa. Ha continuato a rispondere alle lettere quasi fino allo stremo. Poi, come i vecchi soldati, non è morto, ha cambiato semplicemente di stato.

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