Cave & Ferretti, l’Assoluto sopra Berlino (Ovest)

Le vite parallele di Nick e Giovanni Lindo: nel 1982 nella città divisa, oggi immersi nella ricerca di Dio. Ciascuno a modo suo

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di Matteo Massi

L’anno è lo stesso: 1982. Il luogo pure: Berlino Ovest. Che ci fanno un cantautore australiano che da Melbourne è passato per Londra ed è in cerca di una nuova via musicale e un ex operatore di un ospedale psichiatrico che, dalla provincia italiana, Reggio Emilia, proprio come aveva narrato un paio di anni prima (1980) Pier Vittorio Tondelli in Autobahn (racconto dello sfacciato e maudit Altri libertini) raggiunge in autostop la città tedesca? Le vite parallele di Nick Cave e di Giovanni Lindo Ferretti che in quel 1982 decide di fare il musicista dopo che ha visto quella Berlino lì, quella del festival Genialer Dilettaten (e non solo) che passa per il Risiko, il club dove al bar c’è Blixa Bargeld, spalla di Cave nei Bad Seeds e mente e voce degli Einsturzende Neubauten.

Nel pieno della terza età (65 anni Cave, 69 Ferretti), entrambi, dopo una vita passata sul palco, in cui trasgredire è più facile che pregare, regolano definitivamente i conti con la religione. Avevano iniziato a farlo da un po’, ma il destino ha voluto che, in queste due vite che scorrono parallele a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, due libri servissero per raccontare quella tensione verso l’Assoluto (con la A maiuscola) che detta il tempo (ora) del loro esserci. Così diverso ma con tratti simili negli snodi cruciali.

"Into my arms, oh lord". Nelle mie braccia, Signore. Quando Cave pronuncia quelle parole in Boatman’s call, ha già vissuto molte vite, tra cui una arrivata a un passo dal precipizio: la dipendenza dalle droghe e la via obbligata per uscirne che si chiama comunità e che all’epoca non era di certo come le rehab attuali. "Ho scritto quella canzone sul letto del dormitorio nel centro di riabilitazione – racconta Cave nel libro Fede, speranza e carneficina (La Nave di Teseo) – La domenica, se volevi, ti lasciavano andare in chiesa. E la melodia mi è venuta in mente, mentre passavo per i campi, tornando dalla chiesa". La redenzione e la ricerca nelle Sacre Scritture.

Cave, anche durante il furore degli anni ’80, non ha mai rinunciato a farsi ispirare (soprattutto) dall’Antico Testamento per i testi delle sue canzoni. La vita e le tragedie che hanno costellato la sua (la perdita di due figli, Arthur e Jethro, a distanza di sette anni) l’hanno spinto a cercare di dare (o meglio di trovare) un senso a tutto ciò: "Non sono in pace, ma la felicità non è la cosa più importante per me. Lo è invece sentire che le cose hanno un senso. Il termine spirituale è un po’ amorfo per i miei gusti. Religioso invece, è più specifico, forse persino più conservatore, condivide qualcosa in più con la tradizione".

La preghiera. Giovanni Lindo Ferretti, così come aveva messo in musica ai tempi dei Cccp, una canzone che era già preghiera in sé ("Madre di Dio e dei suoi figli, madre dei padri e delle madri, o madre madre mia, l’anima mia si volge a te") ha scritto un libello, citando perfino Pasolini, Óra. Difendi, conserva, prega (Compagnia editoriale Aliberti) in cui definisce "il pregare un ragionevole atto, intimo e sociale. E il tempo del pregare un tempo eterno". È arrivato fin qui, non dopo un rimbambimento come si ostina a pensare chi non ha mai accettato la sua devozione per Papa Benedetto XVI, ma dopo una serie di passaggi, di drammi, con una loro coerenza anche musicale. Due esempi: la scelta di E ti vengo a cercare di Franco Battiato da (re)interpretare in Linea Gotica ai tempi del Consorzio Suonatori Indipendenti, la canzone che più di ogni altra mette per iscritto la tensione verso l’Assoluto (“cercare l’uno al di sopra del bene e del male”) e il disco-preghiera dal titolo assai evocativo Litania con Ambrogio Sparagna, maestro dell’organetto, che recupera il canto popolare liturgico.

Oltre a due canzoni dei Cccp (Madre, appunto, e Paxo de Jerusalem) e una del Consorzio Suonatori Indipendenti (Intimisto). Paxo de Jerusalem (“Lui mi rapisce il cuore, il mio Signore mio Dio, a lui io rendo culto "recita il testo) era stata da subito – racconta Ferretti nel suo libello – il mio ricollocarmi tra sbandamenti e maldestri tentativi di fuga, nel contesto storico geografico in cui sono nato, dove vorrei morire rendendo a Dio l’anima".

E forse davvero per entrambi, Cave e Ferretti, che non lo citano apertamente, ma materializzano il suo pensiero nelle pratiche quotidiane vale quello che Blaise Pascal teorizzò nella sua Scommessa, contenuta in Pensieri (1670): Se Dio esiste, si otterrà la salvezza (solo Cave ha qualche dubbio in più). Se non esiste: preghiere, messe e spiritualità avranno condotto a un’esistenza più serena.

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