Firenze, 25 settembre 2023 – Il materiale arrivò con un furgone. Decine di scatoloni con all’interno appunti in arabo, stralci di interviste a Khomeini e allo Shah di Persia, cassette audio con la voce di Totò, bozze di romanzi incompiuti, volantini delle elezioni al parlamento greco del 1968, foto degli astronauti in partenza per la Luna. E una macchina da scrivere elettrica, l’ultima su cui aveva battuto fino a poco prima di morire il 15 settembre 2006.
Oriana Fallaci aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con la sua terra, Firenze e la Toscana. Ma quella donazione, giunta al Consiglio regionale nel 2016 attraverso il nipote ed erede Edoardo Perazzi, ha avuto il segno della riconciliazione, del ritorno a casa. Del resto, lei cittadina del mondo, aveva voluto essere sepolta a Firenze, al cimitero degli Allori.
In quelle casse non c’era solo l’attività giornalistica e letteraria di una delle intellettuali più autentiche del secolo scorso. Ma anche la storia della donna innamorata del suo Aléxandros Panagulis, della cuoca sopraffina, dell’amante della musica e della storia. Divisiva, certo, soggetto e oggetto di odio e amore. Ma proprio per questo centro propulsore di energia, scomoda perché capace di scuotere le coscienze. Sempre passionale, con l’imperativo morale di schierarsi in ogni battaglia.
Ci sono voluti anni per dare un ordine a quell’eredità proveniente dalla sua abitazione di Casole a Greve in Chianti. Ma ora quell’archivio, uno dei quattro più importanti della grande giornalista, è pienamente accessibile al pubblico. Una parte era consultabile già dal 2019, ma adesso c’è anche una bussola per orientarsi in tutto quel mare di carte e voci dell’universo Fallaci.
È il volume "Il cuore in Toscana: il Fondo Oriana Fallaci: inventario archivistico e catalogo bibliografico”, a cura di Katia Ferri, Elena Michelagnoli e Monica Valentini, inventario archivistico di Margherita Cricchio e Agnese Lorenzini, Edizioni dell’Assemblea, 2023. Uno strumento, anche in versione digitale, che consente di spostarsi dalla Biblioteca regionale di via Cavour, all’altra sede di piazza Unità d’Italia, e viaggiare fra le pagine autografe dei romanzi o delle bozze di Insciallah, e persino di ascoltare brani delle interviste della Fallaci a Barbra Streisand, Fellini, Mina, alla senatrice Angelina Merlin, Sandro Pertini, ai soldati in Libano. E ancora le prove di registrazione del suo Lettera a un bambino mai nato.
"Ci sono le opere della Fallaci con le traduzioni in moltissime lingue, dal giapponese al persiano, e i suoi libri, con dediche, annotazioni, glosse – spiega Monica Valentini – E poi ci sono i nastri, tutti digitalizzati, che sono uno dei tesori più preziosi del nostro fondo, con le interviste a tanti personaggi. E poi ritagli, riviste, rassegne stampa, perché per ogni intervista si documentava in maniera maniacale. Conservava tutto. Abbiamo ad esempio tutti gli articoli de La Nazione sull’alluvione del ‘66, giorno per giorno".
Non poteva mancare una sezione su Panagulis, il suo compagno, rivoluzionario e poeta greco, considerato un eroe nazionale della Grecia moderna, oppositore della dittatura dei colonnelli, morto nel 1976 in un misterioso incidente stradale. Oriana ha custodito appunti, perizie, rassegne stampa del primo arresto di Panagulis e documenti dell’incidente, convinta che fosse stato un omicidio politico. Molto di quel materiale doveva diventare un’autobiografia e confluì invece in “Un uomo”.
La Fallaci era anche una brava cuoca, come svela il suo ricettario. "Una volta a New York mi ha preparato il castagnaccio, che faceva anche alle sue amiche Sophia Loren e Isabella Rossellini – racconta l’ex senatore Riccardo Nencini, amico di Oriana e il primo che da presidente del Consiglio regionale, insieme al giornalista Aligi Cioni, ha iniziato il progetto del fondo – Fumava come una matta e lì a Manhattan si faceva portare le sigarette a balle da un emporio gestito da un discendente del generale Sherman della guerra di secessione. Un fatto che la divertiva moltissimo. Questo archivio tra le altre cose racconta la sua passione per il Risorgimento. Lei è morta a Firenze in una clinica in piazza Indipendenza e durante la sua degenza era consolata dal vedere dalla finestra la Cupola del Brunelleschi e le statue di Bettino Ricasoli e di Ubaldino Peruzzi, primo sindaco di Firenze, immortalato col telegramma che annunciava la presa di Porta Pia. Tra i tanti oggetti del fondo mancano però i suoi adorati cappelli, che regalò a mia figlia Giulia, all’epoca studentessa di medicina. Anche Oriana voleva fare il medico, passione che abbandonò per seguire la grande avventura del giornalismo".