Carrère regista? È tutto veramente falso

La Binoche protagonista di “Ouistreham“, storia di una giornalista borghese che si finge disperata per un reportage sugli “ultimi“

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di Andrea Martini

Yoga, il suo ultimo libro è uscito in Italia da qualche settimana con grande soddisfazione dei suoi fedeli lettori. La sua è buona letteratura figlia naturale di un innegabile talento, sorretto da un ego smisurato, patologico, addomesticato appunto dalla scrittura. Ma lo scrittore francese di Limonov, Emmanuel Carrère, personaggio debordante, non s’arresta alla pagina scritta. Munito di un passato da critico cinematografico severo se non feroce, aveva già avuto occasione di mettersi alla prova dello schermo con Ritorno a Kotelnitch, un’inchiesta su un ospedale

psichiatrico dell’estremo nord della Russia e L’amore sospetto, stravagante racconto a chiave, protagonista Vincent Lindon.

Ci torna ora con i crismi della più completa ufficialità con Ouistreham – chiamato a inaugurare una Quinzaine, almeno nelle

premesse, vigorosa – interpretato da Juliette Binoche e tratto dall’omonimo romanzo (in italiano La scatola rossa) della giornalista scrittrice Florence Aubenas che nel 2009 in piena crisi economica, fingendosi disoccupata e senza titolo di studio, per poter descrivere le penose condizioni di lavoro riuscì a farsi impiegare per più di sei mesi come donna delle pulizie nei ferries boats che incrociano nel mar del nord.

A Juliette Binoche il personaggio di chi si finge altro da sé – come già in passato – s’adatta alla perfezione per non parlare di Carrère che delle esistenze falsificate ha fatto uno dei suoi temi ricorrenti: grazie a questa doppia rassicurante maieutica Ouistreham riscatta la vicenda dalla tradizione della letteratura giornalistica e sovrappone all’inchiesta il racconto vibrante dell’infiltrata in perenne lotta d’identità.

Senza prevederlo la protagonista si ritrova al centro di un gruppo di donne solidali, gentili, empatiche che non esitano ad accoglierla e, all’occorrenza a proteggerla, quasi addolcite dalla sua presenza di donna non più giovane, spaesata, inesperta. L’imbarazzo si scioglie ma nella sua dissoluzione di consuma il tradimento. Verrà per l’umanità dolente il momento della rivelazione, della delusione; per la scrittrice borghese quello del successo, della rinnovata distanza.

"A chiedere che io fossi il regista è stata proprio Florence Aubenas" assicura Carrère Ma chi può credere a chi da sempre gioca con vite che non sono la sua?

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