Mercoledì 14 Maggio 2025
STEFANO MARCHETTI
Magazine

"Cantare in coro è un atto politico", l’arte di Muti per il Bene comune

La “chiamata alle arti” del Maestro a Ravenna Festival: mille voci da tutta Italia, unite nel nuovo “Viaggio dell’amicizia”

Riccardo Muti, 83 anni

Riccardo Muti, 83 anni

Roma, 17 aprile 2025 – In questi tempi drammatici, cantare in coro, tutti insieme, è un atto etico, sociale, perfino politico, "nel senso originario del termine – esordisce Riccardo Muti –. La musica è uno degli elementi connettivi dell’animo umano e di tutti coloro che credono nell’armonia, nella bellezza, nella fratellanza. Cantare insieme è l’esempio più vivo di una società che tende al Bene comune". Mentre in Europa e nel mondo si discute di riarmo o di confini, il Maestro Muti, con Ravenna Festival, ha deciso di lanciare una sua personale, profonda e convinta "chiamata alle arti", convocando a Ravenna tutti coloro – cori amatoriali e professionali, cantori esperti e principianti – che vogliano provare ed eseguire con lui tre celebri cori verdiani, Va’ pensiero dal Nabucco, Patria oppressa! da Macbeth e Jerusalem! Jerusalem! da I Lombardi alla Prima Crociata. Già 800 le adesioni arrivate per la colossale masterclass: il 1° e 2 giugno al Pala De André saranno anche mille le voci unite per il nuovo “Viaggio dell’amicizia“ che, anziché portare la musica in luoghi feriti, quest’anno accoglierà a Ravenna quanti sentono che la musica è cura, speranza, e anche impegno civile.

Maestro, per questo evento lei ha scelto una frase di Sant’Agostino, "Cantare amantis est"…

"Sì, perché in questo momento in cui tutto il mondo è in fiamme, credo che si debba ribadire che la musica e il canto sono qualità proprie di chi ama. E nei cori è tanto più evidente".

Perché?

"I cori cantano a quattro parti, una diversa dall’altra, eppure tutte si devono armonizzare. Se uno prevarica sulla voce dell’altro, compie un atto di distruzione, anzi un atto di dittatura. Come ho detto all’Arena di Verona, celebrando l’ingresso del canto lirico nel patrimonio Unesco: l’armonia della musica è il concetto simbolo di una buona società".

La spaventano questi venti di guerra?

"Sono molto preoccupato per il futuro del mondo. Io sono nato nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, e nella mia lunga vita ho assistito – certo – a momenti complicati, alla guerra fredda e a varie tensioni. Ma ora vedo che tutto il mondo è come una polveriera accesa: le persone continuano a morire sotto le bombe, gli europei si chiedono se investire sulle armi, i bambini vengono privati della vita. Non vedo Paesi in pace, né con se stessi né con gli altri".

Avrà di fronte un coro immenso. Cosa insegnerà a mille cantori?

"Soprattutto a comunicare l’uno con l’altro, ad ascoltarsi, a stare insieme in uno spirito di comunione, come nel motto del cardinale Corrado Ursi, “Grana multa, una hostia“, ovvero tanti chicchi di grano fanno una sola particola. I tre cori di Verdi esaltano le qualità della nostra meravigliosa lingua italiana: insegnerò come anche nel canto occorra sempre rispettare le regole fondamentali del fraseggio musicale e l’intenzione dell’autore. Il Va’ pensiero, per esempio, spesso è cantato a piena voce, quando Verdi indicò chiaramente che va eseguito sottovoce, lento, sommesso e soprattutto legatissimo, come è la nostra lingua".

È sorpreso di questa adesione così ampia al suo invito?

"Ci vedo un significato preciso: nel nostro Paese c’è un desiderio di cultura e di apprendimento che dovrebbe essere un esempio anche per altri, per esempio per la Chiesa: spesso durante le celebrazioni si sentono soltanto sonore strimpellate e cori con testi superficiali, quando invece la nostra storia ci ha consegnato pagine sublimi".

Prima di questo evento ravennate, lei è atteso anche da altri appuntamenti speciali…

"Il 1° e 2 maggio riporterò in Italia (a Bari e a Bologna) i Berliner Philharmoniker che diressi la prima volta, invitato da Herbert Von Karajan, nel 1972. Poi tornerò a Vienna per celebrare i 200 anni dalla morte di Antonio Salieri: è stato ignominiosamente tacciato di essere legato alla morte di Mozart, quando invece lui riconobbe il genio di Amadeus e aiutò anche la sua famiglia. Fu maestro di Beethoven, di Schubert e di Liszt, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria gli commissionò l’ Europa riconosciuta con cui venne inaugurato il teatro alla Scala. Un grande italiano che l’Italia ha ingiustamente dimenticato".