Martedì 23 Aprile 2024

Cannes horror: tutte le Palme della discordia

Violento e “fluido“, soprattutto superficiale e già visto: fa discutere il film vincitore “Titane“. Ma furono contestati anche Fellini e “Adele“

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di Giovanni Bogani

Cannes, il giorno dopo. La Palma d’Oro della giuria guidata dal primo presidente afroamericano della storia del Festival, Spike Lee, è andata a un film violento, brutale. Titane è diretto dalla francese Julia Ducournau: è la seconda donna a vincere una Palma d’Oro, dopo Jane Campion con Lezioni di piano. Il suo Titane è un horror nel quale una ragazza con danni cerebrali e una placca di titanio nella testa diventa una serial killer, con bisogno di amore paterno. Uccide il ragazzo che tenta un approccio con lei infilandogli una pinza per capelli nel cervello, uccide allo stesso modo una ragazza con la quale ha una relazione lesbica. In un momento di estasi alla Cronenberg fa l’amore con un’automobile che va su e giù, e ne resta come ingravidata, perdendo dai seni gonfi, invece che latte, benzina. Per sembrare un ragazzo, si spacca il naso da sola, in un bagno pubblico, sbattendosi la testa più volte contro il lavandino. Poi si finge un ragazzo, il figlio scomparso del vigile del fuoco Vincent Lindon, tanto contento del ritrovamento da non chiedere neppure un test del Dna.

Il verdetto di Spike Lee e soci ha tutta l’aria di essere fintamente moderno: Cronenberg e Lynch hanno esplorato i temi di Titane prima, e meglio. Le tematiche relative alla fluidità di genere non sembrano, qui, sincere, ma strumentali: buone per sconvolgere lo spettatore quel tanto che basta per farlo sentire alla moda. La regista, nel discorso di ringraziamento, è stata ben attenta a pronunciare le parole "diversità" e "inclusività", nuovi mantra di ogni salmo da applaudire. Alle proiezioni stampa, però, in molti ridevano, e non perché il film sia una commedia. E lascia perplessi come Vincent Lindon passi facilmente sopra al fatto che suo "figlio" sia palesemente una femmina. Ma, come si diceva nel finale di A qualcuno piace caldo, nessuno è perfetto.

Nessuno è perfetto, nemmeno la Palma d’Oro. Che, pur essendo nata in onore di un santo, Saint Honorat, eremita che viveva nell’isola di fronte a Cannes, ha incoronato nel tempo film tutt’altro che santi, e spesso molto scandalosi. Nel 1960 fece scandalo La dolce vita di Fellini, che provocò i furori del Vaticano. Oggi è unanimemente considerata un capolavoro. Nel 1966 il Grand Prix a Signore & signori di Pietro Germi fu fischiato, il film giudicato "un monumento alla volgarità": era un ritratto impietoso della borghesia italiana. Nel 1987 bordate di fischi a Maurice Pialat per Sotto il sole di Satana.

Hanno fatto scandalo Quentin Tarantino, contestato, al momento di ricevere la Palma d’Oro per Pulp Fiction, al grido di "putain fais chier!" da una spettatrice in sala (e lui rispose mostrando alla signora il dito medio). Fece scandalo la Palma ad Underdground di Kusturica, accusato di sostenere la politica del criminale di guerra serbo Milosevic. Fa scandalo nel 2013 la Palma a La vita di Adele, per l’abbondanza quasi bulimica di scene di sesso lesbico. Ma quasi tutti questi film fischiati si sono mostrati, molto presto, capolavori. Titane potrebbe non seguire il loro cammino.

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