
DiCaprio Premia Robert De Niro
Leonardo DiCaprio, che gli consegna la Palma d’oro alla carriera, dice di lui: “Bob per un’intera generazione di attori è stato un modello, il nostro idolo, un attore che ha ridefinito il cinema, un mito che ci ha ispirati per la sua capacità di immergersi nei personaggi, uno specchio in cui guardarci, ma anche per chi come me ha la fortuna di conoscerlo e lavorarci una persona di una grande forza interiore e umanità. È “l’attore“, punto e basta”. E ricorda come, quando aveva appena diciassette anni, fosse stato proprio De Niro a fare nascere la sua carriera. DiCaprio era il suo figliastro, nel film Voglia di ricominciare, nel 1993. “Al provino eravamo in tanti, e io non sapevo come farmi notare. E l’ho fatto nel modo più barbaro: gridando, con tutta la forza dei miei polmoni. Dopo un po’ il produttore gli ha chiesto: allora Bob, chi vuoi? E lui ha detto: il secondo da destra. E il secondo da destra ero io. Lui mi ha scelto, e la mia vita è cambiata», ha detto DiCaprio. Che ha ritrovato De Niro trent’anni dopo, nel 2023, in Killers of the Flower Moon. Due bravi (ex) ragazzi – De Niro 81 anni, appunto, DiCaprio 50 –, uniti nel nome del maestro Scorsese, due fuoriclasse della recitazione cinematografica in uno scambio sul palco che suona quasi come un passaggio di testimone. Bob abbraccia Leo come un padre, lucciconi agli occhi tutti e due (è una foto storica). Due generazioni di attori immensi si stringono l’uno all’altro. Migliaia di primi piani nei nostri occhi, ci hanno dato quei due.
Poi Robert De Niro prende la parola. E fa risuonare un discorso che investe il cinema, la politica, Trump, la democrazia. “Democrazia. Che parola importante. Nel mio paese, stiamo lottando per salvare la democrazia, che davamo per scontata. E questa battaglia tocca a tutti noi, perché l’arte è democratica, l’arte è inclusiva, unisce le persone. L’arte abbraccia la diversità. Ed è per questo che è una minaccia, è per questo che noi artisti siamo una minaccia per gli autocrati e i fascisti”.
E poi chiarisce ancora meglio il suo obiettivo: “Il presidente filisteo dell’America si è autonominato a capo di una delle nostre grandi istituzioni culturali. Ha tagliato i fondi di sostegno alle arti, alla scienza e all’educazione. E ha annunciato dazi del cento per cento sui film prodotti fuori dagli Stati Uniti. Questo non è solo un problema per l’America, è un problema globale. Non possiamo starcene seduti a guardare. Dobbiamo agire, e dobbiamo agire adesso, non con la violenza, ma con grande passione e determinazione. È il momento che chiunque ha a cuore la libertà si organizzi, protesti – e alle elezioni, ovviamente, voti”. L’ultimo pensiero è per il festival, visto come baluardo di progressismo e democrazia. “Intanto, per undici giorni, mostriamo la nostra forza e il nostro impegno celebrando l’arte in questo glorioso festival». E chiude citando i tre concetti chiave della Rivoluzione francese: “Liberté, égalité, fraternité”.
Poi arriva Quentin Tarantino. E con il suo entusiasmo un po’ pazzoide, in piedi sulla scena, urla “È un onore dichiarare il festival di Cannes apertooooooooooooooooo!!!”. E se ne va, marciando come un soldatino. Che la festa abbia inizio.