Callas e le altre: non sono belle statuine

I monumenti alle star venuti male. Ad Atene è polemica per l’opera che dovrebbe omaggiare Maria e a Parigi fa scalpore l’obelisco “Hallyday“

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di Letizia Cini

Ai più, ricorda la statuetta degli Oscar. Dorata e lucida, che quasi abbaglia. Sguardo severo e braccia conserte, la scultura creata da Aphrodite Liti rappresenta (dovrebbe rappresentare?) Maria Callas, icona assoluta dalla voce ineguagliabile, la più grande soprano che abbia mai calcato le scene di tutto il mondo. A 44 anni dalla sua morte e quasi cento dalla sua nascita, non c’è pace per la diva greca che, proprio in patria, è ora al centro di una nuova polemica. Quella sulla sua statua eretta ai piedi dell’antica Acropoli, nel cuore di Atene.

Alta un metro e ottanta e realizzata come omaggio dei fan che considerano la Divina uno dei beni più trascurati della Grecia, la statua si trova in via Dionysiou Areopagitoy, vicino all’ingresso dell’Odeon di Erode Attico. La reazione al suo svelamento la scorsa settimana? Tutt’altro che positiva. Definita "pacchiana e pretenziosa", la scultura avrebbe soprattutto una colpa, ben più grave di tutte le altre: "Nessuna somiglianza" con Sofia Cecilia Kalos, in arte Maria Callas.

La scultura è stata ridicolizzata perfino nei cartoni animati, dando vita a una vera tempesta mediatica. Sui social i “non estimatori“ si sono lamentati del fatto che "ricordi più Gandhi con i tacchi o la statuetta dell’Oscar, che la prima di tutte le donne".

"Niente potrebbe essere meno rappresentativo di Maria Callas, in quanto nessun cantante d’opera, nemmeno uno studente di seconda elementare alla scuola di musica, adotterebbe mai una posa del genere con le braccia incrociate davanti al petto: gesto che bloccherebbe l’emissione della voce", il commento di Michael Moussou, ex cantante d’opera e direttore artistico del festival che si tiene nel teatro di Erode Attico.

Ma quello dedicato alla Divina, non è l’unico monumento che ha fatto gridare all’orrore. Nella Ville Lumière un’altra scultura ha scatenato le ire di critici e gente comune. Un singolare obelisco dedicato a Johnny Hallyday. Il rocker francese, centauro appassionato, scomparso nel dicembre 2017, è stato omaggiato nella sua città con una statua molto particolare: una vera Harley-Davidson, a lui appartenuta, issata in cima a una sorta di tronco d’albero a forma di tastiera di chitarra, alto sei metri. Titolo della scultura firmata dall’artista francese Bertrand Lavier, Quelque chose de..., proprio come uno dei brani più celebri di Johnny. Inaugurata lo scorso 14 settembre di fronte all’AccorHotels Arena di Parigi da Laeticia Hallyday, vedova di Johnny, l’opera è stata non solo derisa sui social ma anche definita dal Consiglio parigino (che non ha comunque convalidato il progetto) "una schifezza", "ridicola" e "orribile". La statua avrebbe in realtà un suo perché: "Volevo un’opera dedicata a Johnny, che odiava le sculture con la sua effigie – le parole di Laeticia Hallyday –. La chitarra e l’Harley fanno parte della vita di Johnny. Difficile non associarle a lui".

Tornando in Italia, lasciava interdetti la visione della testata data dal calciatore Zinédine Zidane su petto di Materazzi durante la finale del Mondiale di calcio 2006, esposta nel cuore duecentesco di Pietrasanta, città toscana che con la scultura ha dimestichezza, vantando tra le sue viuzze opere di maestri come Cascella e Botero, che proprio lì ha deciso di aprire il suo studio italiano.

Poco lontano, a Livorno, è stato recentemente rimosso dal lungomare il ritratto in vetroresina che il carrista di Viareggio Fabrizio Galli ha dedicato a Bud Spencer: per la colorata scultura è arrivata una richiesta di adozione da parte di Napoli, città natale di Carlo Pedersoli, l’amatissimo Piedone scomparso nel giugno del 2016.

Spostandosi nel Regno Unito, una menzione speciale se la guadagna il tributo londinese allo scrittore principe dei dandy: A conversation with Oscar Wilde, inaugurata nel 1998 all’angolo di una panchina pubblica, la scultura ritrae l’autore del Ritratto di Dorian Gray trasformandolo in un essere inquietante. "L’impressione che se ne ha? Che il corpo di Oscar Wilde stia per evaporare e decomporsi. Anche il maestro dell’aforisma avrebbe finito le parole per descriverlo", il commento più gentile.

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