Giovedì 25 Aprile 2024

C’era un ragazzo coi Timoria: "Ora canto la gioia"

Renga in gara a trent’anni dal debutto all’Ariston con la vecchia band. "Festival di speranza. Per riscoprire la felicità delle piccole cose"

Migration

di Andrea Spinelli

Trent’anni esatti. Quando Francesco Renga si tuffò per la prima volta nelle acque (burrascose) del Festival di Sanremo era aggrappato alle sartie del galeone pirata dei Timoria, in gara fra le Nuove Proposte, 1991. Una vita fa, visto che poi sarebbe tornato in Riviera altre sette volte nei panni di concorrente e altre due o tre in quelli di ospite. Quando trovo te gli spalanca, quindi, le porte dell’Ariston per la nona volta, anche se con un’emozione che probabilmente non aveva mai conosciuto prima: quella di ricominciare.

"Ritrovare quel palcoscenico non ha mai avuto un significato più profondo" ammette, parlando del brano scritto con Roberto Casalino e Dario Faini. "Dopo mesi di vuoto, Sanremo diventa un segnale di speranza, il simbolo di una ripartenza del mondo dello spettacolo, lasciato indietro per davvero troppo tempo. Entrerà nella storia come un’edizione unica. Spero".

Cos’è rimasto del Timoria ventiduenne de L’uomo che ride?

"Quella vena di follia e d’incoscienza che ci aveva portato al Festival è passata assieme alla voglia di rivoluzione, in compenso è arrivato qualche capello bianco ma identica è rimasta l’urgenza di farsi ascoltare. Ecco perché sono tornato così tante volte all’Ariston. Ricordo il debutto nel 2001 fra i giovani con Raccontami…, quello di due anni dopo tra i big con Tracce di te in cui mettevo a nudo per la prima volta su un palcoscenico quelle lacerazioni della perdita di mia madre che poi avrebbero segnato tutta la mia poetica".

Poi nel 2005 la vittoria di Angelo.

"Altro momento esistenziale delicatissimo, col passaggio da figlio a genitore. E Ambra, madre della mia Jolanda, lì in platea a darmi la forza. Se c’è un messaggio da mandare oggi al Francesco un po’ scapestrato di trent’anni fa, infatti, è che sì le cose arrivano, ma nessuno ce la fa da solo".

Quando trovo te è stata accolta tiepidamente dagli addetti ai lavori, ma dal vivo sono in tanti pronti a scommettere che crescerà, perché è questo il gioco del Festival.

"Ne sono convinto. Esplora il concetto di “oblio salvifico”, vale a dire ricordi che rimangono magari sottotraccia, ben protetti nel fondo dell’anima dal caos delle nostre vite, ma poi affiorano al momento opportuno a salvarci la vita. Penso ad esempio a quando, in vacanza in Sardegna, mio nonno mi veniva a svegliare alle sei di mattina per andare a dar da mangiare agli animali, immagine capace ancora oggi di riappacificarmi con me stesso".

È vero che il pezzo nasce da un trasloco?

"L’idea è arrivata all’inizio del lockdown, quando aprendo gli scatoloni del mio ultimo trasloco sono venute fuori tante cose che credevo dimenticate e invece erano rimaste lì come muta testimonianza affettiva di bei momenti con i miei figli e le altre persone care".

Che impressione le fa questa edizione sbilanciata su giovani e giovanissimi?

"Molto hanno l’età mia quando venni la prima volta ed è motivo di orgoglio essere ancora qui a giocarmela sul loro stesso terreno. La mia prima volta fu tra i giovani ed è emblematico che oggi ci siano tanti giovani tra i big, un’innovazione che mi trova totalmente d’accordo… anche se mi sento un po’ lo zio".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro