Brivio e i Gufi, storia di passioni e di cabaret

Cinque anni ruggenti, ma una carriera di anni lunga ben 62. Stroncata dal Covid. Ieri ha lasciato il suo pubblico Roberto Brivio, cantante, attore, regista, direttore artistico. Per tantissimi uno dei Gufi, il gruppo che negli anni ’60 sconvolse l’idea di comicità nell’Italietta democristiana. Per i lettori del Quotidiano Nazionale versione Il Giorno, l’autore della rubrica, L’angolo di Milano, in cui commentava, in un dialetto preciso ma di facile comprensione, i fatti di costume e di cultura.

Cinque anni ruggenti, dal 1964 al 1969, in cui Roberto Brivio realizzò in teatro centinaia di serate da tutto esaurito: lui nei Gufi impersonava ’il cantamacabro’, autore e interprete di canzoni che parlavano di tombe e cipressi, avvantaggiato dalla calzamaglia nera che era la divisa del gruppo. Roberto Brivio non è stato però soltanto un Gufo. Sciolto il gruppo per la decisione di Gianni Magni di lasciare lui, Nanni Svampa e Lino Patruno, oggi l’unico sopravvissuto, il vulcanico Roberto intraprese infinite altre strade.

Appassionato di operetta, musical e prosa fu regista o allestitore di una sessantina di spettacoli. Autore radiotelevisivo, animò una delle prime emittenti private, quell’Antenna 3 che negli anni ’80 regalava qualche brivido ai lombardi di bocca buona. Artista ma anche imprenditore, Brivio: 7 i teatri milanesi che diresse. Nonché scrittore: 13 i libri da lui firmati, a partire dal Liber di Parolasc, esente da ogni volgarità. E pure, nelle ricorrenze carnevalesche l’amata maschera di ’Milano Meneghino’.

Gian Marco Walch

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