Boris il russo: la Prima alla Scala fa già discutere

Il 7 dicembre il “Godunov“, il sovrintendente Meyer risponde alle critiche: "Macché propaganda, è l’opposto di un’apologia di regime"

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di Nicola Palma

Un’opera russa per aprire la stagione proprio nell’anno che passerà alla Storia per la guerra scatenata da Mosca contro l’Ucraina. La vicenda di uno zar regicida che muore dilaniato dai sensi di colpa e il parallelismo che qualcuno azzarderà da qui al 7 dicembre con chi guida adesso il Cremlino. Insomma, la scelta di aprire il cartellone con Boris Godunov, che tra due settimane terrà a battesimo la stagione lirica della Scala, pare fatta apposta per scatenare polemiche e innescare dietrologie. E in parte è già successo, visto che il console ucraino a Milano, Andrii Kartysh, ha scritto nei giorni scorsi ai vertici del teatro per chiedere di cambiare titolo per l’inaugurazione, così da evitare di fare "propaganda per Putin".

Detto che la scelta è stata fatta in tempi non sospetti (tre anni fa, come sempre accade) dal sovrintendente Dominique Meyer e dal direttore musicale Riccardo Chailly e che il livello degli artisti che metteranno in scena e in musica il capolavoro di Modest Musorgskij (peraltro di casa al Piermarini sin dal 1909 e già scelto per la Prima da Claudio Abbado nel 1979) è talmente elevato da non poterne mettere in discussione professionalità e terzietà, ieri Meyer, comunque disponibile a incontrare il diplomatico di Kiev in città, ci ha tenuto a sgombrare il campo da eventuali residui dubbi: "Non facciamo nessuna propaganda a Putin – ha esordito –. Risparmiamoci le polemiche un po’ superficiali, cerchiamo di capire di cosa si tratta con le cellule del cervello, non con la pancia".

Non basta: per il dirigente alsaziano, basta "leggere il libretto di Boris" per capire che "non fa apologia di un regime politico, bensì l’opposto". Da qui due consigli: "Leggere il libretto e vedere lo spettacolo: vedrete che non c’è nessuna propaganda delle autorità russe". Del resto, la Scala non è rimasta silente sulla questione, anzi è stata la prima a prendere posizione nel giorno 1 dell’invasione, chiedendo (senza ottenere risposta) al maestro Valery Gergiev, reduce dal successo della sera prima sul podio della Dama di picche, di esprimersi a favore di una soluzione pacifica del conflitto.

E poi non vanno dimenticati il concerto per la pace del 4 aprile (380mila euro in aiuti alle popolazioni sfollate) e le giovanissime ballerine (con famiglie al seguito) ospitate in Accademia. Come dire: abbiamo già dato, pensiamo all’arte. Anche perché, per dirla con le parole del regista Kasper Holten, "il mondo ne ha bisogno: Musorgskij era un artista che ha messo in discussione il potere, ne ha smascherato la crudeltà. Per questo è giusto farlo".

La versione che ascolteremo è quella primigenia del 1869, che all’epoca spiazzò i contemporanei per i tratti innovativi e realistici tanto dal punto di vista drammaturgico quanto da quello musicale. Un lavoro così rivoluzionario, ha sottolineato Chailly, da non essere accettato ai tempi "dalla commissione del teatro di San Pietroburgo". Il libretto, tratto dalla tragedia omonima di Aleksandr Puškin, narra l’ascesa al potere di Boris Godunov, dopo la morte dello zar Fedor e l’assassinio del legittimo erede Dimitri su ordine dello stesso boiardo. Proprio quel crimine, messo in luce anche dalle cronache dell’anziano monaco Pimen (personaggio centrale), perseguiterà Boris come un fantasma, in un Paese stremato dalla carestia e coi ribelli alle frontiere. Già, i fantasmi, che richiamano il teatro di Shakespeare e che, a quanto si è capito, saranno un elemento-cardine delle scelte registiche di Holten e del suo team creativo, che trascineranno il pubblico in un passato-presente-futuro in cui la violenza e il cinismo del potere restano le costanti.

Il ruolo principale sarà di Ildar Abdrazakov, ormai veterano del 7 dicembre (sesta presenza) e autodefinitosi "il cantante più felice del mondo": "Il mio Boris è un Boris con l’anima e con il cuore, ma col rimorso di aver ucciso un bambino". Teatro sold out, in Palco reale tornerà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha esaudito (suo malgrado) la richiesta di bis al Quirinale che gli arrivò potente l’anno scorso dalla platea del Piermarini. In tutto il resto della città, ci saranno altri diecimila posti disponibili in 35 location per guardare insieme la Prima (in diretta dalle 17.45 su Rai Uno): dalle carceri di San Vittore e Opera all’ospedale Niguarda e all’aeroporto di Malpensa, con grande ritorno post-pandemia del maxischermo in Galleria.

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