Giovedì 18 Aprile 2024

"Bond, killer e stupratore". Il marketing distrugge 007

Per lanciare l’ultimo film, l’attore e il regista criticano il personaggio di Fleming. Cavalcare il #MeToo porta click e biglietti. Ma c’è il rovescio della medaglia

Sean Connery nei panni di James Bond

Sean Connery nei panni di James Bond

Nei primi film di James Bond, quelli interpretati da Sean Connery negli anni Sessanta, l’agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica era "sostanzialmente uno stupratore". Così parlò Cary Fukunaga, il regista della 25esima pellicola della serie, dal titolo 'No Time To Die', che sta per uscire nelle sale. "Come quando in 007, Operazione Tuono – continua Fukunaga, intervistato da Hollywood Reporter – Bond bacia a forza un’infermiera o quando la ricatta per comprare il suo silenzio a patto che vada a letto con lui. Lei dice no, lui dice sì: scene così oggi non si potrebbero girare".

La dichiarazione arriva a poche ore di distanza da quelle del protagonista dell’imminente film, Daniel Craig che aveva liquidato con modi spicci la possibilità che a succedergli potesse essere una donna: "Dovrebbero semplicemente esserci migliori parti per donne e attori di colore", ha detto in una recente intervista a Radio Times. Impallinando, di fatto, due pretendenti all’Aston Martin e agli altri supergadget della spia: gli attori di colore Regé-Jean Page (Bridgerton) e Lashana Lynch, che in 'No Time to Die' ha la parte di un’agente dell’MI6 di nome Nomi e che – nei rumors usciti durante la lavorazione della pellicola – era sembrata una strada percorribile per diventare una Bond al femminile.

E ieri, spiegando ancora una volta la scelta di lasciare il personaggio dopo 5 film, Craig ha detto al Corriere della Sera: "Non vorrei che Bond fosse mio amico, non intendo passare del tempo con un killer". Perché l’agente britannico "è un assassino, volevo che lo sembrasse, come esce dai libri di Ian Fleming", precisa.

È vero che il personaggio dei romanzi è un duro con pochi scrupoli, ma qualche fan ha storto un po’ il naso. Va bene che il #MeToo, da un lato, e la critica alla cancel culture, dall’altro, sono temi che attirano clic sulla Rete e attenzione dei potenziali spettatori del film. Va bene anche che 'No Time to Die' è stato rinviato 18 mesi e la prova del botteghino è un’ordalia da superare brillantemente, se si vuole dare un futuro al franchise Bond ma, in generale, ai film ad alto budget. Fatto sta che, in poche mosse, il personaggio di Bond – soprattutto quello cinematografico delle origini, che segue canoni che vanno contestualizzati agli anni Sessanta – è stato praticamente demolito. Come si dice in questi casi: bene, ma non benissimo.

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