
Bologna assiste agli intrecci relazionali di un trio lacerato
Quanto dolore può provocare il narcisismo di un uomo? Con sguardo lucido e sincero, ’La voce e le cicale’ (Prospero Editore), esordio narrativo di Elisabetta Carbone (nella foto), è una storia che ridisegna le coordinate dei rapporti familiari, soprattutto quando travalicano i legami di sangue. In una Bologna fedelmente descritta, si intrecciano le storie di Tamara, Giacomo e Debora.
Tamara condivide con il padre Giacomo la passione per la musica: lei aspirante cantante lirica, lui affermato direttore d’orchestra. Un rapporto che nasce lacerato, pieno di non detti e decisioni subite che porteranno a un divario insanabile. Tra loro Debora, donna indipendente e saggia che, costretta a convivere con il dolore fisico dopo un incidente che la segnerà a vita, è la presenza salvifica che si prende cura di Tamara e allo stesso tempo di Giacomo, di cui è innamorata fin dai tempi dell’università.
Romanzo intenso e viscerale, percorso da sofferenze private che inevitabilmente si ripercuotono nel rapporto con l’altro, le pagine sono anche un’occasione per parlare di relazioni dolorose e disabilità, ma anche del coraggio di rimanere fedeli a sé stessi seguendo la propria voce interiore.
Elisabetta Carbone, nata a Bologna, dove vive, lavora come insegnante di italiano e latino. Ha frequentato vari corsi di scrittura, tra cui il laboratorio annuale della Bottega di narrazione di Giulio Mozzi, dove ha lavorato al suo romanzo d’esordio con le tutor Emanuela Canepa e Claudia Grendene. I suoi ’L’uovo sodo’ e ’Pareidolia’ sono stati rispettivamente finalista e semifinalista ai contest dedicati ai racconti del Premio Italo Calvino, altri sono apparsi su riviste letterarie e antologie. La voce e le cicale è un romanzo sulla complessità delle dinamiche relazionali, familiari o affettive, lesive o benefiche.