Giovedì 18 Aprile 2024

Edoardo Bennato racconta la sua Cuba, "allegra e prigioniera"

Il cantautore napoletano ha dedicato una canzone all'isola dove ha suonato tante volte. "I cubani sono forti ma si percepisce un'atmosfera di disagio"

Edoardo Bennato

Edoardo Bennato

Napoli, 28 novembre 2016 - "Qual è quella falsa, qual è quella vera?". Il cantautore napoletano Edoardo Bennato se lo chiedeva già in una canzone dell'album del 2010 "Le vie del rock sono infinite" dedicata proprio a Cuba. Ma oggi, che Fidel Castro non c'è più, la domanda è ancora più attuale per dare un senso alla storia. 

Bennato, qual è la Cuba vera?

"Io sono un artista, su Cuba faccio poesia. Non posso dare risposte, anche perché sono svincolato dal pregiudizio e dalle scaramucce tra fazioni politiche. In Italia ci si schiera di qua o di là, ma di Cuba gli italiani sanno poco o ne parlano in modo retorico. Ma io non amo le categorie. Fidel santo o peccatore, buono o cattivo...".

La sua Cuba, quindi, qual è?

"Ai Caraibi ci sono stato la prima volta quand'avevo appena 12 anni, mi portò l'armatore Grimaldi con tutta la mia famiglia. A Cuba, invece, andai almeno una decina di volte, ma ricordo soprattutto il 1984. Ero con Gianni Minà e feci un concerto per Fidel al teatro Nacional. Mi sembrava di essere in un posto in cui il tempo si fosse fermato. Era il 1984, ma in quel momento era come essere tornati al 1959, quando Castro prese il potere".

Cuba è - come canta lei - un'allegra signorina o è prigioniera?

"Tutte e due le cose. I cubani sono forti, allegri, ma inutile girarci intorno: lì si percepisce un'atmosfera di disagio, tensione, inquisizione. Quando prima del concerto persi la voce a causa dell'aria condizionata, mi dissero: fratello è meglio che due o tre canzoni le fai, eh. Qui siamo a Cuba".

C'era poco da scherzare...

"Una ragazza che avevo conosciuto, un'architetto, venne nel mio hotel perché c'era la discoteca. Il portiere la insultò: chi andava in quegli alberghi o era europeo o era una sénoritas, cioè una prostituta".

Fidel, però, era amato.

"Amato e rispettato da Cuba e dai cubani. Ma la vita, quella vera, è un'altra cosa". 

E com'era nel 1984?

"Non certo idilliaca. Mi fidanzai con una ragazza, Ileana, e stetti a casa sua per una ventina di giorni. Il padre era un professore di matematica, ma non avevano né biro, né penne stilografiche: solo matite. E il sapone? Uno solo: per le mani, per il corpo, per pulire a terra. Erano indigenti, ma avevano classe ed eleganza".

Insomma, Fidel e la sua rivoluzione sono stati troppo idealizzati?

"Gli intellettuali italiani vedono Cuba come simbolo di libertà perché c'è la famosa atmosfera della Revolución. Ma poi basta parlare con la gente per capire la realtà". 

Ideale contro pragmatismo?

"Il pediatra che fa il tassista per arrotondare spiega il concetto".

Quando ha saputo della morte di Castro che cos'ha pensato?

"Che finiva un'era. Ora ne inizia un'altra. Ma se sarà meglio o peggio non lo so".

Si sarà fatto un'idea...

"La maggior parte crede che ora Cuba diventerà una specie di Miami. Per la retorica degli intellettuali italiani, quindi, sarà un male. Ma per i cubani, la gente di Cuba, le masse di Cuba, chissà".

Come canta lei, in una sua canzone, saranno "pronti a salpare" e, quindi, a cambiare?

"La speranza è che tutto si evolva in meglio. Ora viviamo un'epoca particolare, non ci sono la prima o la seconda guerra mondiale, ma c'è una guerra economica e commerciale. E una parte del Terzo Mondo viene abbandonata in balia di se stessa. Dobbiamo capire che il futuro del mondo passa dalla risoluzione dei problemi del Terzo Mondo. Cuba compresa".

Il video della canzone "Cuba" contenuta nell'album "Le vie del rock sono infinite"

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